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Legislazione Previgente all'entrata in vigore del Decreto Legislativo 626/94 | ![]() |
ATTENZIONE! - pagine in allestimento
Fin dal 1929 la Conferenza Internazionale del Lavoro del BIT con la raccomandazione n. 32, aveva invitato tutti i Governi degli Stati aderenti ad emanare norme giuridiche che vietassero di fornire o installare macchine, destinate ad essere impiegate nella produzione, sprovviste dei dispositivi di sicurezza.
In accoglimento di tale raccomandazione, il nostro legislatore ha emanato negli anni 1955 e 1956 i seguenti DPR:
D.P.R. 27/4/1955 n. 547 "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro"
D.P.R. 7/1/1956 n. 164 "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni"
D.P.R. 19/3/1956 n. 303 "Norme generali per l'igiene del lavoro"
Un quadro normativo ispirato in gran parte al criterio della cosiddetta protezione oggettiva, ossia della tassativa delle misure o delle cautele prescritte da dette disposizioni.
Di fronte a norme di questo tipo non è, di regola, rimessa alcuna discrezionalità decisionale da parte dei datori di lavoro.
Il legislatore degli anni '50, infatti, di fronte all'alternativa fra una disciplina antinfortunistica basata su poche norme di portata generale, capaci per il loro contenuto elastico di adattarsi alle più svariate ipotesi di pericolo connesse all'impiego di macchine, impianti e tecniche di lavorazione in continuo aggiornamento, e una regolamentazione specifica e dettagliata ha preferito quest'ultima strada, con la conseguenza di dettare norme rigide che, da un punto di vista applicativo, raramente ammettono deroghe.
Questa scelta, però, ha comportato l'inevitabile conseguenza di emanare una normativa necessariamente condannata ad una precoce obsolescenza, in quanto lo sviluppo tecnologico, introducendo nuove e più complesse macchine e sistemi di lavoro più raffinati, avrebbe finito per fare invecchiare i dispositivi di sicurezza studiati per macchine ormai superate.
L'inconveniente è stato in parte evitato sia dall'articolo 2087 del codice civile, sia dalla possibilità degli organi di vigilanza di estendere con il potere dispositivo l'obbligo prevenzionistico.
Per concludere questa carrellata normativa sono da segnalare altri due interventi legislativi.
Il primo è contenuto nella legge n. 300 del 1970 più conosciuta come Statuto dei Lavoratori, laddove all'art. 9 si legge "I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e l'integrità fisica". Tal articolo 9 amplia la portata dell'art. 2087 del Codice Civile laddove questi prevedeva che fosse il solo datore di lavoro ad occuparsi delle misure di sicurezza. Ora invece e riconosciuto un vero e proprio diritto di controllo e di collaborazione alle apposite rappresentanze dei lavoratori che devono vigilare e promuovere l'adozione delle misure di sicurezza. Il datore di lavoro deve consentire a queste rappresentanze l'ingresso nei luoghi di lavoro affinché possano assolvere ai loro compiti, sempre che siano state preventivamente portate a conoscenza dello stesso datore la costituzione, la composizione e i compiti di esse.
Infine il secondo intervento legislativo, la Legge 833 del 23/12/1978 riguarda l'organizzazione e i compiti della pubblica amministrazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro compresa la funzione di vigilanza e controllo.
Con tale riorganizzazione, dopo ripetuti rinvii, si è avuto il passaggio di competenze in materia prevenzionale dall'Ispettorato del Lavoro, dall'ENPI e dall'ANCC, alle USL (Unità Sanitarie Locali).
Le competenze delle USL assegnate dall'art. 20 della legge 833 sono:
a) l'individuazione, l'accertamento e il controllo dei fattori di nocività negli ambienti di vita e di lavoro e ciò anche mediante collaudi e verifiche a macchine ed impianti;
b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza;
c) l'indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento degli ambienti di vita e di lavoro;
d) la formulazione di mappe di rischio anche sulla base delle informazioni sui cicli produttivi o sulle sostanze;
e) verifica della compatibilità delle attività produttive con le esigenze di tutela ambientale e di difesa della salute della popolazione.
Inoltre il comma 3, dell'art. 21 estende la funzione di ufficiale di polizia giudiziaria, attribuita agli Ispettori del Lavoro, anche al personale delle USL su proposta del Presidente della Regione.
NOTA: A seguito del referendum abrogativo del 1993 e del successivo Decreto Legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito con modificazioni in legge 21 Gennaio 1994, n. 61 i controlli e la gestione delle problematiche legate all'ambiente esterno non sono più di competenza delle USL, ma del Ministero dell'Ambiente tramite l'ANPA (Agenzia Nazionale per l'Ambiente) e delle Agenzie Regionali in fase di costituzione.
Oltre alle U.S.L. si occupano di sicurezza anche i seguenti enti:
Servizio Multizonale di Prevenzione
Consapevole delle difficoltà e complessità dell'azione prevenzionale, il legislatore del 1978 si è preoccupato di creare strutture di supporto ai servizi di base delle USL, demandando alle Regioni, con l'art. 22 della citata legge, l'istituzione dei cosiddetti Presidi Multizonali di prevenzione.
Tali presidi sono pertanto articolazioni funzionali per un migliore, più razionale ed adeguato svolgimento dei vari servizi.
Si tratta di strutture in grado di assicurare prestazioni a livello interdisciplinare e con strumenti, attrezzature e personale specializzato ad integrazione e a coordinamento delle attività delle singole USL.
Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro (ISPESL)
A fianco di queste strutture territoriali il legislatore del 1978 ha voluto creare un organismo centrale, l'ISPESL, capace di elaborare indirizzi generali unitari, in modo da uniformare l'attività degli organi istituzionalmente preposti alla tutela della sicurezza sul lavoro, senza per questo intaccare la loro autonomia operativa, ma esercitando su di essi, attraverso una funzione di consulenza, un ruolo guida e di orientamento nello specifico settore.
Con successivi decreti interministeriali e precisamente del 30.6.1988, n. 597 e del 23/12/1982, i compiti dei soppressi enti ENPI e ANCC, sono stati attribuiti in parte dall'ISPESL e in parte alle USL.
Ispettorato del Lavoro
Poiché non esiste nessuna norma che abbia espressamente dichiarato che gli Ispettori del lavoro, quali ufficiali di polizia giudiziaria, abbiamo perso la competenza di occuparsi della materia della prevenzione e della sicurezza, il risultato è che essi, come fatto rilevare da numerosi Pretori penali del lavoro, potranno e dovranno continuare ad occuparsene insieme agli ufficiali di polizia giudiziaria (UPG) delle USL, naturalmente solo nell'ambito dell'attività di polizia giudiziaria, ma non di quella di vigilanza.
Peraltro agli Ispettori del lavoro è rimasta la funzione di vigilanza amministrativa in materia di lavoro.
Compiti di polizia amministrativa e di polizia giudiziaria dell'USL.
I compiti di polizia amministrativa delle USL vengono svolti da tutto il personale senza qualifica di UPG. Il loro potere di accesso ai luoghi di lavoro è limitato all'assolvimento dell'incarico assunto e non potranno pretendere di visitare locali, macchine o impianti non pertinenti all'attività di prevenzione in atto.
Al contrario i dipendenti USL con qualifica di UPG possono visitare in tutti i luoghi di lavoro, a qualsiasi ora del giorno e della notte per qualsiasi accertamento e controllo si rendesse necessario.
In caso di constatata inosservanza delle norme di legge, gli UPG hanno l'obbligo di impartire una prescrizione (D.Legs. 758/94) fissando un termine non superiore ai 6 mesi per eliminare la violazione riscontrata e di notificare la notizia di reato al Pubblico Ministero.
In presenza di un pericolo grave ed imminente l'UPG ha pure la facoltà di sequestrare il corpo del reato che può essere una macchina, una attrezzatura o anche l'intera Azienda. Il sequestro deve essere però convalidato dal Pretore.
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