I COSTI DELLA PREVENZIONE
I COSTI DELLA NON SICUREZZA
I COSTI DELLA SICUREZZA
PREVENZIONE E QUALITA'
I COSTI DELLA NON SICUREZZA
Con la stesura delle direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro la CEE ha cercato di porre un freno agli incidenti, a volte mortali, che si continuano a verificare negli ambienti di lavoro.
Dal libro verde della CEE del 1993 risulta che ogni anno nei Paesi della Comunità Europea su 120 milioni di lavoratori:
In Italia il quadro infortunistico del 1996 il seguente (infortuni denunciati all'INAIL - dati non ancora definitivi):
La maggior parte dei decessi è avvenuta a causa di mezzi meccanici, cadute, uso di mezzi per il trasporto, il sollevamento e la movimentazione terra.
I settori a maggior rischio sono l'agricoltura, la metallurgia e l'edilizia, che hanno la più alta incidenza di mortalità per addetto.
Nel nostro Paese le cifre dei morti sul lavoro dal dopoguerra ad oggi sono devastanti: le perdite di vite umane ammontano a più di 100.000 lavoratori, 3 volte più delle perdite subite dagli americani in Vietnam.
Come se non bastasse, l'Italia è al primo posto fra i Paesi della CEE per perdite di vite umane e infortuni dovuti ad incidenti sul lavoro.
Le indennità pagate annualmente dall'INAIL per questi incidenti ammontano a:
oltre 40.000 miliardi di lire
Dato l'alto costo sociale degli infortuni sul lavoro, si è resa necessaria la stesura di normative valide in tutti i Paesi della CEE su salute e prevenzione degli infortuni sul lavoro, alcune delle quali sono state recepite nel nostro Paese con il Decreto Legislativo del 19 settembre 1994 numero 626.
In questa sede tentiamo di mostrare come una adeguata campagna di prevenzione degli infortuni possa essere economicamente vantaggiosa.
Per l'azienda infatti è essenziale massimizzare il profitto. In questa ottica particolare importanza deve essere data ad ogni possibilità di ridurre le spese, specialmente se queste sono identificabili come perdite eliminabili o sprechi. Tra queste possono essere considerate gli oneri collegati alla sicurezza dei lavoratori, degli impianti e dei terzi, anche se difficilmente contabilizzabili. Infatti gli oneri in questione, pur facendo parte del bilancio aziendale, spesso finiscono diluiti in varie voci perdendo di incisività nei confronti di una analisi superficiale dei costi.
Per superare questa difficoltà di valutazione sono stati sviluppati dei metodi alternativi di analisi che permettono di estrapolare le voci inerenti alla sicurezza dalla massa dei costi sostenuti dall'azienda. In questa sede ci limiteremo a fare un elenco di tali voci e ad una loro sommaria valutazione.
I costi relativi al verificarsi di un infortunio sono assai più elevati di quello che si crede; possiamo inizialmente distinguerli in due tipi:
La divisione che segue è senz'altro arbitraria poichè quello che è nascosto per un datore di lavoro può non esserlo per un altro e viceversa. Andiamo ad osservare in dettaglio i costi che insorgono al verificarsi di un infortunio secondo questa divisione.
1) COSTI PALESI
Questo primo tipo di oneri finanziari è rappresentato dalle seguenti voci, che sono sostenute in parte dal datore di lavoro ed in parte dalla collettività:
2) COSTI NASCOSTI
Questo secondo tipo di oneri finanziari è di gran lunga il più sottovalutato nell'immediato, ma è quello che incide di più sull'impresa. Anche in questo caso una parte delle spese è sostenuta dal datore di lavoro ed una parte dalla collettività. Riconosciamo le seguenti voci:
Tutti questi oneri nascosti sono stimati da 2 a 4 volte l'importo degli oneri evidenti.
Il costo totale degli infortuni sul lavoro sarà quindi dato dalla somma
costi palesi + costi nascosti
ed è da 3 a 5 volte il costo palese.
E' importante notare come gli infortuni sul lavoro non solo incidono sulla produzione, ma anche sull'immagine, cioè sul modo in cui l'impresa viene percepita dalla collettività. Impegnarsi sul fronte della sicurezza diventa un modo per trasmettere un messaggio positivo all'esterno.
Se gli infortuni in impresa diminuiscono, migliora il rendimento economico, aumenta e migliora la produzione, si ottimizzano i rapporti con le organizzazioni sindacali e con i lavoratori stessi.
Questo significa, in altri termini, che la sicurezza può trasformarsi da "problema" in vera e propria "opportunità" per l'azienda interessata a sviluppare la sua competitività. Per questo, in alcuni casi, le aziende sono spinte a muoversi "oltre la legge", nel senso che un approccio attivo al problema sicurezza, che concili convinzioni etiche e vantaggi economici, è decisamente più efficace che non la semplice applicazione di una norma impositiva. Vedremo meglio questo aspetto successivamente quando parleremo della possibilità di unire gli sforzi per migliorare la sicurezza con quelli per migliorare la qualità.
I COSTI DELLA SICUREZZA
Dopo aver esaminato i costi (palesi e nascosti) della non sicurezza, possiamo affrontare l'analisi delle spese che il datore di lavoro deve affrontare per rendere meno rischioso il lavoro nella propria azienda.
Non è facile elencare i costi della prevenzione poichè tanti sono i fattori che intervengono nella loro composizione. Cerchiamo di suddividerli in maniera logica.
Occorre sicuramente considerare il costo relativo alla elaborazione di quella parte del documento previsto dal D.Lgs. 626/94 che va sotto il nome di analisi dei rischi. Questa analisi, sia che venga effettuata da un consulente esterno all'azienda o dal datore di lavoro o da un suo dipendente, avrà un costo che, sia pure in un intervallo piuttosto ampio, è l'unico determinabile anticipatamente. Questa importante fase di lavoro evidenzierà tutta una serie di situazioni di pericolo che dovranno, nei tempi opportuni, essere sanate.
Purtroppo in questa fase di lavoro non è possibile disporre di alcuna statistica poichè, specialmente nel campo delle piccole e medie imprese, ogni realtà è un caso a se stante ed è estremamente difficile avere una linea guida comune per la valutazione dei costi.
Possiamo comunque raggruppare i costi della sicurezza in tre tipologie:
Nel primo gruppo andremo a conteggiare tutti i costi relativi alla "messa a norma" di macchinari ed impianti a tutte le disposizioni di legge in vigore precedentemente il D.Lgs. 626/94.
A questo proposito giova ricordare che tali adeguamenti dovrebbero essere fatti indipendentemente dall'emanazione del D.Lgs. 626/94 e che tali non conformità risultano essere degli illeciti punibili penalmente. Da parte degli imprenditori c'è invece un certo risentimento nei confronti del D.Lgs. 626/94 poichè questo, avendo sollevato il problema della sicurezza dei luoghi di lavoro, ha evidenziato anche il non rispetto delle normative precedenti.
Inutile negare infatti che le realtà lavorative spesso calpestano in maniera evidente anche il D.P.R. 547/55 ed il D.P.R. 303/56 sulla sicurezza e sull'igiene dei luoghi di lavoro.
In questi casi per parlare di costi occorre conoscere la situazione, nonchè le eventuali norme specifiche che regolano le attività o le macchine. D'altro canto le sanzioni previste per questi inadempimenti sono tali che il piatto della bilancia, in caso di controllo da parte degli organi competenti, pende sicuramente a favore di un ripristino della conformità.
Il secondo ed il terzo gruppo riguardano più specificatamente gli adempimenti relativi al D.Lgs. 626/94.
Per quanto riguarda i costi che il datore di lavoro deve sostenere per ridurre i rischi residui di macchine ed ambienti (secondo gruppo), esiste una grandissima variabilità dovuta ai diversi tipi di interventi necessari. Ci sono situazioni nelle quali sono sufficienti lavori di piccola entità, come il miglioramento della illuminazione in una zona buia di un fabbricato, la sostituzione di sedie da scrivania con altre più comode oppure l'installazione di una opportuna segnaletica, e lavori di enorme impegno economico, come la sostituzione di apparecchiature obsolete oppure la riorganizzazione di un reparto produttivo con l'utilizzo di nuove tecniche di lavorazione.
E' opportuno però osservare che, se l'ambiente di lavoro ed i macchinari soddisfano i già citati D.P.R. 547/55 e D.P.R. 303/56 e le altre leggi relative alla sicurezza ed all'igiene dei luoghi di lavoro (escluso il D.Lgs. 626/94), raramente gli interventi risultano eccessivamente onerosi per il datore di lavoro.
Il terzo gruppo rappresenta la novità introdotta dal D.Lgs. 626/94 nella filosofia della sicurezza. Per la prima volta, infatti, l'uomo viene inserito nella catena delle responsabilità al fine di costruire un luogo di lavoro con minori rischi di infortunio.
Le misure di prevenzione da applicare per migliorare la sicurezza in questo senso sono date dall'analisi dei rischi e riguardano la necessità di informare e formare gli addetti sui corretti modi di operare. In questi casi, oltre ai costi evidenti dovuti al tempo impiegato ed alle spese sostenute per l'eventuale organizzazione esterna di un corso di formazione, deve essere tenuto in conto il fatto che non tutti i lavoratori rispondono in maniera positiva ad un insegnamento che tende a cambiare il loro modo di lavorare. Questo può portare ad un allungamento dei tempi di apprendimento delle nuove metodologie di lavorazione ed ad un iniziale abbassamento del rendimento del lavoratore stesso.
Questi problemi non si avvertono invece quando gli insegnamenti relativi al corretto modo di lavorare vengono impartiti congiuntamente alle istruzioni per l'uso dei macchinari, come nel caso di nuove assunzioni o di cambio di mansione.
Da queste brevi indicazioni emerge che, per effettuare una stima, anche approssimativa, dei costi, occorre un sopralluogo nell'azienda, che permetta di eseguire una accurata analisi dei rischi e di evidenziare le possibili azioni migliorative.
PREVENZIONE E QUALITA'
Con l'apertura del mercato europeo la concorrenza tra le aziende si sta facendo sempre più forte; è quindi opportuno cercare di "migliorarsi" facendo leva su tutti quei punti che permettono essere più competitivi sul mercato.
In quest'ottica è importante non fissare la propria attenzione su un problema ma considerare l'azienda come una entità che, sotto la spinta di forze, anche tra loro diverse, è indirizzabile verso il successo.
Il verificarsi di un infortunio sul lavoro è spesso la spia della presenza di punti deboli nell'organizzazione generale dell'azienda.
Investire in salute e sicurezza non è solo un dovere, ma qualcosa di più. Come dimostrano alcuni studi della CEE, gli investimenti diretti al miglioramento delle condizioni di lavoro finiscono con l'accrescere la produttività e la qualità di una azienda.
Infatti, l'aria di tensione che si respira in azienda quando si verificano incidenti gravi o mortali ha effetti deleteri sul regolare svolgimento dell'attività produttiva e sul grado di interesse o disaffezione al lavoro, che si traducono in una diminuzione della produttività e della qualità del prodotto.
Investire in salute e sicurezza significa garantirsi anche un miglioramento di produttività e di qualità.
A questo proposito occorre far notare che, se la ricerca della qualità e quella della sicurezza sul lavoro vengono condotte in maniera sinergica, il loro costo subisce una diminuzione rispetto alla somma dei costi occorrenti se le due operazioni venissero condotte separatamente.
Inoltre, dato che all'aumentare della qualità e della sicurezza sul lavoro corrisponde una diminuzione dei costi pagati per la produzione difettosa e per gli infortuni sul lavoro, i costi totali per l'azienda (relativamente a queste due voci) tendono a diminuire fino ad un punto di minimo che può corrispondere ad un livello di prevenzione superiore a quello richiesto dalla normativa su sicurezza ed igiene dei luoghi di lavoro. Seguendo questa linea avremo reso produttiva la ricerca di migliori condizioni di lavoro e la prevenzione diventerà un'arma vincente per l'azienda.