Domande e Risposte su 626 e dintorni


ATTENZIONE! - Pagine in allestimento


Ci sono alcune domande che ricorrono spesso quando si parla di sicurezza dei luoghi di lavoro. In queste pagine rispondiamo pubblicamente a quelle che ci vengono fatte più frequentemente.

Teniamo a precisare che le risposte date riflettono la nostra opinione che, nonostante sia continuamente confrontata con altre, anche più auterevoli della nostra, può non coincidere con l'opinione degli organi di controllo.


Il Datore di Lavoro come deve comportarsi se i lavoratori non eleggono, o addirittura non vogliono eleggere, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza?

La nomina del medico competente è sempre obbligatoria?

L'adeguamento dei posti di lavoro alle prescrizioni previste per i VDT è sempre obbligatoria?

Quando e come è possibile delegare la responsanilità in materia di sicurezza?

Come comportarsi quando si vuole acquistare o vendere un macchinario o una attrezzatura usata?

In una società di persone dove ogni socio ha la qualifica di rappresentante legale, chi viene considerato "datore di lavoro"?

Qualora un datore di lavoro, effettuando, eventualmente con l'ausilio di consulenti esterni, la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 626/94, rilevi una carenza rispetto a leggi previgenti, può inserire gli interventi necessari nel piano di programmazione per il miglioramento della sicurezza?

Il documento di valutazione dei rischi deve essere redatto prima dell'inizio di una nuova attività?

Come deve essere documentata l'informazione e la formazione dei lavoratori?

Quali sono gli obblighi (per quanto riguarda il D.Lgs. 626/94) per le "imprese" senza fini di lucro (ad esempio gruppi di volontariato o associazioni sportive)?

Ha senso effettuare la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 626/94 nel caso di aziende che svolgono la loro attività prevalentemente presso terzi (ad esempio installatori, manutentori, ecc.)?

Una azienda non soggetta agli obblighi del D.Lgs. 626/94 (ad esempio una ditta individuale senza dipendenti) ha assunto una o più persone (dopo il 01/01/97). Cosa deve fare?

Alcune aziende insistono a chiedere ai propri fornitori, ed in particolare alle officine meccaniche, macchine non marcate CE dicendo che "si assumono tutta la responsabilità". Cosa devono fare i fornitori?

Se una azienda è costituita da una sede principale e da una o più sedi distaccate deve elaborare un solo documento di valutazione o uno per ogni sede?

La dichiarazione del venditore di una macchina usata che questa è conforme alla legislazione previgente al D.P.R. 459/96 è sempre obbligatoria?

Una macchina o una attrezzatura marcata CE è sicuramente rispondente alle norme sulla sicurezza del lavoro?

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha il diritto di avere una copia del documento di valuatzione dei rischi o può soltanto prenderne visione?

Come deve essere interpretato il limite dei 30 Kg per le operazioni di movimentazione manuali dei carichi?



Il Datore di Lavoro come deve comportarsi se i lavoratori non eleggono, o addirittura non vogliono eleggere, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza?

Questa domanda ne pone di riflesso un'altra. E' obbligatorio che i lavoratori eleggano il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ? E' bene prima rispondere a quest'ultima. L'elezione del RLS è un diritto dei lavoratori e non un obbligo, ovvero i lavoratori non sono obbligati ad eleggere il loro Rappresentante per la Sicurezza.

Volendo rispondere alla prima domanda occorre aggiungere che anche se, per quanto detto, il Datore di Lavoro non può rispondere per la mancata elezione di questa figura, deve poter dimostrare di aver svolto in maniera corretta e completa tutti gli obblighi di formazione previsti dal D.Lgs. 626/94, che riguardano anche il diritto di elezione del Rappresentante.

Oltre a questo riteniamo opportuno aggiungere che l'avere un RLS interno non aggrava gli obblighi di consultazione previsti quando si deve decidere su qualche aspetto inerente la sicurezza. Infatti, nel momento in cui il Rappresentante dei Lavoratori sarà eletto a livello territoriale, tali obblighi porteranno a continue comunicazioni sulla sicurezza al Rappresentante territoriale. Ecco che avere il Rappresentante interno può diventare vantaggioso.


La nomina del medico competente è sempre obbligatoria?

La nomina del medico competente è obbligatoria per quelle Aziende dove vengono svolte lavorazioni per le quali la legge obbliga alla sorveglianza sanitaria, cioè quando i lavoratori di queste Aziende sono esposti alle sostanze riportate nel D.P.R. 303/56 (sostanze nocive generiche), nel D.P.R. 1124/65 (silice ed amianto), nel D.P.R. 962/82, nel D.Lgs. 277/91 (piombo e rumore), nel D.Lgs. 77/92 (agenti chimici, fisici e bilogici) nel D.P.R. 336/94 (malattie professionali), nel D.Lgs. 626/94 (Videoterminali, rischi biologici e cancerogeni e movimentazione manuale dei carichi), nel D.Lgs. 230/95 (esposizione a radiazioni ionizzanti) ed altre disposizioni per lavorazioni specifiche.


L'adeguamento dei posti di lavoro alle prescrizioni previste per i VDT è sempre obbligatoria?

Premesso che la legislazione sulla materia sarà probabilmente modificata, la Circolare Min. San. n° 102/95 suggerisce l'obbligo dell'adeguamento delle postazioni di lavoro di videoterminalista soltanto quando l'attività al terminale è di almeno quattro ore giornaliere consecutive.

Secondo questa interpretazione soltanto pochissime postazioni sono soggette all'adeguamento poichè le quattro ore possono essere interrotte da azioni che vengono effettuate in qualunque ufficio, come rispondere al telefono, alzarsi per prendere una stampa, la pausa per il caffè o altro. In realtà, una lettuta più attenta del D.Lgs. 626/94 porta a considerare che, essendo indicate le prescrizioni "minime" e dovendo comunque valutare il rischio, le postazioni di lavoro dovrebbero quasi sempre essere adeguate a tali prescrizioni.

Inoltre la nostra Circolare è già stata criticata in sede comunitaria e, molto probabilmente, sarà emanato un decreto correttivo che modificherà la definizione di addetto al videoterminale, considerando come tali i lavoratori che operano mediamente per quattro ore giornaliere al videoterminale e non più continuative.


Quando e come è possibile delegare la responsanilità in materia di sicurezza?

Per rispondere a questa domanda, cosa peraltro non facile, occorre considerare che la giurisprudenza indica che una delega ha valore quando:

il delegato è consenziente;

il delegato possiede capacità adeguate a svolgere l'incarico assegnatogli;

il delegato riceve una retribuzione adeguata;

il delegato non ha limiti di spesa (relativamente all'incarico);

il delegante (in questo caso il datore di lavoro) non interferisce con il delegato (relativamente all'incarico);

il delegante dimostri di non essere a conoscenza delle problematiche relative all'incarico.

Se le condizioni sopra citate sono tutte e contemporaneamente vere, allora la delega si può definire valida.

Si capisce che con questa premessa è difficile che un datore di lavoro possa delegare ad altri le le sue responsabilità in materia di sicurezza, specialmente nel caso di piccole e medie imprese.


Come comportarsi quando si vuole acquistare o vendere un macchinario o una attrezzatura usata?

Il D.P.R. 459/96 dice che per quanto riguarda le macchine già in servizio alla data di entrata in vigore del Decreto (21/09/96), e quindi per quanto riguarda le macchine usate, il venditore deve rilasciare una dichiarazione in cui attesta, sotto la propria responsabilità, che la macchina è conforme alla legislazione vigente prima dell'entrata in vigore del Decreto.

E' da notare che la parole "venditore" è riportata in modo completamente generico, quindi il venditore può essere un costruttore, un commerciante o un'azienda, ma ai fini del Decreto non cambia niente: la dichiarazione deve essere comunque fatta.


In una società di persone dove ogni socio ha la qualifica di rappresentante legale, chi viene considerato "datore di lavoro"?

Se non c'e nessuna distinzione ulteriore, che potrebbe essere data, ad esempio, da una delega per gli aspetti inerenti la sicurezza, ogni socio viene considerato, anche penalmente, come datore di lavoro degli altri soci, oltre che delle persone dipendenti.


Qualora un datore di lavoro, effettuando, eventualmente con l'ausilio di consulenti esterni, la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 626/94, rilevi una carenza rispetto a leggi previgenti, può inserire gli interventi necessari nel piano di programmazione per il miglioramento della sicurezza?

No. Se un datore di lavoro si trova in questa situazione significa che egli era "fuori legge" anche prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 626/94 e quindi tali situazioni devono essere sanate immediatamente. Da notare poi che, poichè la maggior parte delle carenze si riferiscono a leggi degli anni '50, non è possibile pensare che un provvedimento del 1994 possa averne riaperto i termini di applicazione.

Inoltre, leggendo il sottotitolo del Decreto: "Attuazione delle direttive ..... (omissis) ....riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro" si capisce come la valutazione dei rischi debba essere considerata come una procedura aggiuntiva e non sostitutiva degli obblighi legislativi esistenti.


Il documento di valutazione dei rischi deve essere redatto prima dell'inizio di una nuova attività?

Il datore di lavoro deve effettuare la valutazione dei rischi ed elaborare il relativo documento entro tre mesi dall'inizio della nuova attività. Questo, pur non togliendo nessun obbligo sulla applicazione delle altre disposizioni in materia di prevenzione, risulta utile per permettere di effettuare la valutazione in condizioni di lavoro "a regime".


Come deve essere documentata l'informazione e la formazione dei lavoratori?

La legge non da disposizioni precise sulle modalità con cui devono essere effettuate formazione ed informazione.

Indubbiamente il datore di lavoro deve garantire che l'informazione abbia coperto tutti gli argomenti del caso (normative, procedure di emergenza, sostanze pericolose presenti, misure di prevenzione in atto, ecc) e che la formazione sia stata effettivamente svolta e che sia stata adeguatamente recepita. Queste considerazioni portano alla conclusione che sia utile, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, che esista una documentazione scritta dell'avvenuta informazione o formazione. Affinchè tale documentazione abbia valore riteniamo che debba essere firmata dal datore di lavoro e controfirmata dagli addetti che ne recepiscono i contenuti.


Quali sono gli obblighi (per quanto riguarda il D.Lgs. 626/94) per le "imprese" senza fini di lucro (ad esempio gruppi di volontariato o associazioni sportive)?

Il D.Lgs. 626/94 non fa differenze in merito alla natura economica dell'impresa e quindi le relative disposizioni vanno applicate ogniqualvolta vi siano "lavoratori dipendenti" o ad essi equiparati.


Ha senso effettuare la valutazione dei rischi ai sensi del D.Lgs. 626/94 nel caso di aziende che svolgono la loro attività prevalentemente presso terzi (ad esempio installatori, manutentori, ecc.)?

Si, almeno questa è la nostra opinione. Innanzitutto probabilmente esisterà una sede legale, un ufficio, un magazzino o comunque qualche ambiente che deve essere considerato come luogo di lavoro e come tale deve essere opportunamente valutato, poi dovranno essere prese in considerazione tutte le altre questioni tirate in ballo dal D.Lgs. 626/94, come ad esempio l'uso dei D.P.I, la movimentazione dei carichi o la formazione e l'informazione. Non devono inoltre essere trascurati gli obblighi relativi ai lavori in appalto (art. 7).


Una azienda non soggetta agli obblighi del D.Lgs. 626/94 (ad esempio una ditta individuale senza dipendenti) ha assunto una o più persone (dopo il 01/01/97). Cosa deve fare?

E' necessario distiguere in funzione delle varie disposizioni legislative. Infatti è necessario che l'ambiente di lavoro risponda ai requisiti prescritti dai D.P.R. 547/55, D.P.R. 303/56 e tutte le altre norme vigenti prima del D.Lgs. 626/94 fin dal momento in cui il primo dipendente inizia la sua attività. Per quanto riguarda il D.Lgs. 626/94, l'obbligo di aver effettuato la valutazione dei rischi, o l'autocertificazione, se del caso, scatta dopo tre mesi. E' comunque preferibile che, a prescindere dalla redazione del documento di valutazione o dell'autocertificazione, il processo di analisi dei rischi avvii contestualmente all'inizio dell'attività del dipendente, in modo da fare fronte alle mancanze che si riscontrano possibilmente senza attendere la presenza del documento vero e proprio. Facciamo presente che il D.Lgs 277/91, relativo ai rischi derivanti dall'esposizione di piombo, amianto e rumore, prevede che le valutazioni in questi settori specifici vengano effettuate entro 180 giorni dall'inizio dell'attività ma non prima di 90 giorni.


Alcune aziende insistono a chiedere ai propri fornitori, ed in particolare alle officine meccaniche, macchine non marcate CE dicendo che "si assumono tutta la responsabilità". Cosa devono fare i fornitori?

I fornitori di macchine o attrezzature soggette alla Direttiva Macchine e quindi alla marcatura CE non possono assolutamente non ottemperare a quanto prescritto da D.P.R. 459/96, che ha recepito in ambito nazionale la Direttiva Macchine. Premesso questo è chiaro che una richiesta del genere non può essere soddisfatta. Ma "l'astuzia" di chi vuole evitare gli oneri della marcatura CE è arrivata oltre. Sentiamo infatti chiedere dalle aziende di fornire parti di macchine (in modo da non cadere nel campo di applicazione del D.P.R. 459/96) che poi verranno assemblate, almeno formalmente, in proprio dall'azienda utilizzatrice. In questo caso, a parte la difficoltà di riuscire a dividere una macchina in parti che non siano definibili macchine, siamo di fronte ad una soluzione del problema soltanto apparente. Infatti il costruttore (in questo caso più propriamente l'assemblatore) diventa l'utilizzatore stesso, e su di lui ricadono gli obblighi di costituzione del fascicolo tecnico di costruzione e della redazione del manuale di uso e manutenzione e della dichiarazione di conformità.


Se una azienda è costituita da una sede principale e da una o più sedi distaccate deve elaborare un solo documento di valutazione o uno per ogni sede?

La risposta è nell'articolo 2 del D.Lgs. 626/94 (modificato dal D.Lgs. 242/96) quando definisce l'unità produttiva come " stabilimento o struttura finalizzata alla produzione  di beni e servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale". Quindi una sede secondaria dovrà disporre di un proprio documento di valutazione soltanto nel caso in cui siano soddisfatte queste condizioni.


La dichiarazione del venditore di una macchina usata che questa è conforme alla legislazione previgente al D.P.R. 459/96 è sempre obbligatoria?

Il nostro parere è che tale dichiarazione sia obbligatoria in ogni caso. Recentemente però, in una pubblicazione della Giunta Regionale della Regione Toscana, è stata espressa l'opinione, senz'altro autorevole ma da noi non completamente condivisa, che tale dichiarazione non debba essere fatta nel caso che il destinatario non sia un utilizzatore diretto ma un commerciante o un costruttore, che riceva la macchina usata in permuta ad un nuovo acquisto. In questo caso infatti l'onere della dichiarazione, e quindi dell'eventuale adeguamento, spetterebbe a colui il quale vende la macchina ad un utilizzatore. Il motivo del nostro disaccordo risiede ne fatto che questa disposizione contrasta con quanto riportato nel D.P.R. 459/96 e non crediamo che una linea guida regionale possa, in caso di giudizio, avere una forza uguale o superiore a quella di un regolamento nazionale come il D.P.R. citato.


Una macchina o una attrezzatura marcata CE è sicuramente rispondente alle norme sulla sicurezza del lavoro?

La risposta dovrebbe essere "SI". Purtoppo la realtà dei fatti è diversa, essenzialmente per due motivi. Anzitutto la marcatura CE dovrebbe assicurare il rispetto dei principi minimi di sicurezza contenuti nell'allegato I del D.P.R. 459/96 e questo non garantisce in modo assoluto il rispetto del D.P.R. 547/55. Come si capisce, specialemnte in caso di macchine costruite in altri Paesi dell'Unione Europea, questo può portare ad avere problemi con gli organi di controllo che notoriamente utilizzano il D.P.R. 547/55 per contestare ed eventualmente sanzionare le mancanze. Oltre a questo c'è il problema della "leggerezza" con la quale viene apposta la marcatura CE. Infatti alcuni costruttori, per non dover sopportare gli oneri derivanti dalla costituzione del fascicolo tecnico e del manulae di uso e manutenzione, si limitano ad applicare la marcatura ed a redigere la dichiarazione di conformità, senza effettuare una effettiva valutazione della sicurezza della macchina. Si capisce quindi come sia importante che un acquirente non si fidi ciecamente di una marcatura CE ma cerchi di appurare, almeno ad un esame esterno, se la macchina è realmente rispondente alle norme di sicurezza.


Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha il diritto di avere una copia del documento di valuatzione dei rischi o può soltanto prenderne visione?

Questo problema è stato sollevato in molte occasioni sia da datori di lavoro che da lavoratori, in occasione di incontri in aziende e durante corsi di formazione. Vediamo anzitutto cosa dice la legge. Il D.Lgs. 626/94, all'art.4, comma 5, lettera m, dice che il datore di lavoro consente al RLS di accedere alle informazioni ed alla documentazione di cui all'articolo 19, comma 1, dove, in quest'ultimo articolo, si precisa che il RLS "riceve le informazioni e la documentazione". Come si può notare la lettura del testo del Decreto non aiuta a chiarire in che modo il RLS debba essere portato a conscenza del contenuto del documento di valutazione dei rischi. Tuttavia il senso di questa disposizione è abbastanza chiaro. Il RLS deve avere una effettiva conoscenza del contenuto di tale documento. E in questa ottica il metodo con cui tale conoscenza viene acquisita non è detto che debba essere sempre lo stesso. In alcuni casi infatti, può essere preferibile una spiegazione "verbale" dei problemi riscontrati, magari più chiara di un documento molto "tecnico", in altri casi invece la consegna di una copia del documento può essere la cosa più semplice.

Lo stesso problema potrebbe essere visto in un'altra luce. A livello europeo il D.Lgs. 626/94 è stato introdotto in una ottica "partecipativa" e quindi il RLS non dovrebbe essere consultato "dopo" aver fatto la valutazione dei rischi, ma "prima" e "durante". Se il datore di lavoro segue questo principio è evidente che il RLS conosce il contenuto del documento fin dalla sua preparazione e la questione di consegnarne o meno una copia diventa una pura formalità.

Chiaramente tutto questo ha un significato soltanto se non c'è, da parte del datore di lavoro, la volontà di "ingannare" il RLS, con una frettolosa presa di visione di un documento che non rispecchia la realtà aziendale. Sono questi i casi dove, purtroppo, si cercano scappatoie per rendere meno accessibili ai lavoratori i problemi ed i pericoli dell'azienda e più spesso vengono fuori i problemi legati alla domanda iniziale.


Come deve essere interpretato il limite dei 30 Kg per le operazioni di movimentazione manuali dei carichi?

Anzitutto è necessario fare una precisazione. Il D.Lgs. 626/94 (e la circolare del Ministero del Lavoro del 30/05/97) non introduce un divieto di movimentazione manuale dei carichi superiori a 30 Kg, ma una soglia oltre la quale il datore di lavoro deve comunque adottare misure organizzative e mezzi adeguati per ridurre i rischi derivanti dalla movimentazione e sottoporre i lavoratori alla sorvegianza sanitaria.

Questa precisazione è utile poiche molto spesso si sente partare di "divieto" di movimentazione dei carichi superiori a 30 Kg.

Ma quello che più ci interessa chiarire è che questo limite è soltanto uno dei fattori da tenere in considerazione. E' infatti necessario tenere presente se il carico è ingombrante, se ha una buona presa, se impone posizioni particolari, oltre alla frequeza con cui viene effettuata la movimentazione. Quindi non è assolutamente detto che con carichi al di sotto dei 30 Kg non debba essere effettuata la sorveglianza sanitaria.

E' quindi necessario valutare im maniera globale il rischio derivante dalla movimentazione ed non con un semplice "maggiore o minore di 30 Kg".


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