DECRETO LEGISLATIVO 15 agosto 1991 n. 277
Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n.
86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro
i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici
durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212, recante
delega al Governo per l'attuazione delle direttive 80/1107/CEE,
82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e 88/642/CEE del Consiglio,
in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici
durante il lavoro;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 21 giugno 1991;
Acquisito il parere delle componenti commissioni della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 2 agosto 1991;
Sulla proposta del Ministro per il coordinamento delle
politiche comunitarie, di concerto con i Ministri degli affari
esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, del lavoro e della
previdenza sociale e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato;
Emana il seguente decreto legislativo:
Artt.
Capo I - Norme generali . . . . . . . . . . . . 1 - 9
Capo II - Protezione dei lavoratori contro i
rischi connessi all'esposizione al
piombo metallico ed ai suoi composti
ionici durante il lavoro . . . . . . . 10 - 21
Capo III - Protezione dei lavoratori contro i
rischi connessi all'esposizione ad
amianto durante il lavoro . . . . . . . 22 - 37
Capo IV - Protezione dei lavoratori contro i
rischi di esposizione al rumore durante
il lavoro . . . . . . . . . . . . . . . 38 - 49
Capo V - Norme penali . . . . . . . . . . . . . 50 - 54
Capo VI - Disposizioni transitorie e finali . . . 55 - 59
Capo I - Norme generali
1. Attività soggette. -- 1. Il presente decreto prescrive
misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei
lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione durante il
lavoro agli agenti chimici e fisici di cui ai capi II, III e IV.
2. Le disposizioni di cui ai capi II, III e IV non escludono
l'applicabilità delle norme di cui al presente capo. Gli
articoli 8 e 9 si applicano altresì in tutti i casi di
esposizione, durante il lavoro, ad agenti chimici, fisici,
nonché biologici.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle
attività alle quali sono addetti i lavoratori subordinati o ad
essi equiparati ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303.
4. Nei riguardi delle Forze armate, o di Polizia, dei Servizi
di protezione civile e del Servizio sanitario nazionale per
quanto concerne le sale operatorie degli ospedali, le norme del
presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari
esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto
del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità.
2. Attività escluse. -- 1. Le disposizioni del presente decreto
non si applicano ai lavoratori della navigazione marittima ed
aerea.
3. Definizioni. -- 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al
presente decreto si intendono per:
a) agente: l'agente chimico, fisico o biologico presente
durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;
b) valore limite: il limite di esposizione nell'ambiente di
lavoro interessato o il limite di un indicatore biologico
relativo ai lavoratori esposti, a seconda dell'agente;
c) medico competente: un medico, ove possibile dipendente
del Servizio sanitario nazionale, in possesso di uno dei
seguenti titoli: specializzazione in medicina del lavoro o in
medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o specializzazione equipollente;
docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori o in medicina preventiva dei lavoratori e
psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro; libera docenza
nelle discipline suddette;
d) organo di vigilanza: organo del Servizio sanitario
nazionale, salve le diverse disposizioni previste da norme
speciali.
4. Misure di tutela. -- 1. Salvo quanto previsto nei capi II,
III e IV, le misure per la tutela della salute e per la
sicurezza dei lavoratori durante il lavoro nella materia di cui
all'art. 1, comma 1, sono le seguenti:
a) la valutazione da parte del datore di lavoro dei rischi
per la salute e la sicurezza;
b) utilizzazione limitata dell'agente sul luogo di lavoro;
c) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono
o possono essere esposti;
d) controllo dell'esposizione dei lavoratori mediante la
misurazione dell'agente. La campionatura, la misurazione
dell'agente e la valutazione dei risultati si effettuano con le
modalità e i metodi previsti per ciascun agente. Tali modalità e
metodi sono aggiornati periodicamente con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale e della sanità, di concerto con il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in
base alle direttive CEE, nonché in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso scientifico e tecnologico;
e) misure da attuare, quando sia superato un valore limite,
per identificare le cause del superamento ed ovviarvi;
f) misure tecniche di prevenzione;
g) misure di protezione collettiva;
h) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
i) misure di protezione comportanti l'applicazione di
procedimenti e metodi di lavoro appropriati;
l) misure di protezione individuale, da adottare soltanto
quando non sia possibile evitare in altro modo un'esposizione
pericolosa;
m) misure di emergenza da attuare in caso di esposizione
anormale;
n) misure igieniche;
o) informazione e formazione completa e periodica dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti su:
1) i rischi connessi con l'esposizione dei lavoratori
all'agente e le misure tecniche di prevenzione;
2) i metodi per la valutazione dei rischi, l'indicazione
dei valori limite e, ove fissate, le misure da prendere o già
prese per motivi di urgenza, in caso di loro superamento, per
ovviarvi;
p) attuazione di un controllo sanitario dei lavoratori prima
dell'esposizione e, in seguito, ad intervalli regolari nonché,
qualora trattisi di esposizione ad agenti con effetti a lungo
termine, prolungamento del controllo dopo la cessazione
dell'attività comportante l'esposizione;
q) tenuta e aggiornamento di registri indicanti livelli di
esposizione, di elenchi di lavoratori esposti e di cartelle
sanitarie e di rischio. I modelli e le modalità di tenuta dei
registri, degli elenchi e delle cartelle relativi all'agente
disciplinato sono determinati con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità;
r) accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ai
risultati delle misure di esposizione ed ai risultati collettivi
non nominativi degli esami indicativi dell'esposizione;
s) accesso di ogni lavoratore interessato ai risultati dei
propri controlli sanitari, in particolare a quelle degli esami
biologici indicativi dell'esposizione;
t) accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ad
un'informazione adeguata, atta a migliorare le loro conoscenze
dei pericoli cui sono esposti;
u) un sistema di notifica alle competenti autorità statali,
ovvero locali, delle attività che comportano esposizione
all'agente oggetto di disciplina, con l'indicazione dei dati da
comunicare.
2. Ai fini del presente decreto si intendono per
rappresentanti dei lavoratori i loro rappresentanti nella unità
produttiva, ovvero nell'azienda, come definiti dalla normativa
vigente, ovvero dai contratti collettivi applicabili.
5. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei
preposti. -- 1. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che
esercitano o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1,
nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze:
a) attuano le misure previste nel presente decreto e nei
provvedimenti emanati in attuazione del medesimo;
b) informano i lavoratori nonché i loro rappresentanti dei
rischi specifici dovuti all'esposizione all'agente ed alle
mansioni dei lavoratori medesimi e delle misure di prevenzione
adottate, anche mediante dettagliate disposizioni e istruzioni
lavorative, volte anche a salvaguardare il controllo
strumentale; forniscono ai medesimi informazioni anonime
collettive contenute nei registri di cui all'art. 4, comma 1,
lettera q), e, tramite il medico competente, i risultati anonimi
collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati,
nonché indicazioni sul significato di detti risultati; informano
altresì i lavoratori sulle misure da osservare nei casi di
emergenza o di guasti;
c) permettono ai lavoratori di verificare, mediante loro
rappresentanti, l'applicazione delle misure di tutela della
salute e di sicurezza;
d) forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di
protezione;
e) provvedono ad un adeguato addestramento all'uso dei mezzi
individuali di protezione;
f) dispongono ed esigono l'osservanza da parte dei singoli
lavoratori delle disposizioni aziendali e delle norme, nonché
l'uso appropriato dei mezzi individuali e collettivi di
protezione messi a loro disposizione ed accertano che vi siano
le condizioni per adempiere alle norme e disposizioni aziendali
medesime;
g) esigono l'osservanza da parte del medico competente degli
obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui
procedimenti produttivi e sugli agenti inerenti all'attività.
2. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e competenze, informano i
lavoratori autonomi ed i titolari di imprese incaricate a
qualsiasi titolo di prestare la loro opera nell'ambito aziendale
dei rischi specifici dovuti alla presenza di agenti nei luoghi
di lavoro ove i suddetti lavoratori autonomi o quelli dipendenti
dalle imprese incaricate sono destinati a prestare la loro
opera. L'informazione comprende le modalità per prevenire i
rischi e le specifiche disposizioni, anche aziendali, al
riguardo.
3. Fermi restando gli obblighi dei datori di lavoro dei
dirigenti e dei preposti di cui al comma 1 i titolari delle
imprese incaricate a qualsiasi titolo di prestare la loro opera
presso aziende che svolgono le attività di cui all'articolo 1
assicurano la tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori propri dipendenti in relazione alla natura dei rischi
risultanti dall'esposizione di questi ultimi, durante il lavoro,
ad agenti di cui ai capi II, III e IV.
4. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che
esercitano, dirigono e sovraintendono alle attività indicate
all'articolo 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e
competenze, ed i titolari delle imprese di cui al comma 3
cooperano all'attuazione delle misure di cui all'art. 4 e
coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi
cui sono esposti i lavoratori.
6. Obblighi dei lavoratori. -- 1. I lavoratori:
a) osservano oltre le norme del presente decreto le
disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai
dirigenti e dai preposti ai fini della protezione collettiva ed
individuale;
b) usano con cura ed in modo appropriato i dispositivi di
sicurezza, i mezzi individuali e collettivi di protezione,
forniti o predisposti dal datore di lavoro;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al
dirigente ed al preposto le deficienze dei suddetti dispositivi
e mezzi, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui
vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di
urgenza nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per
eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli;
d) non rimuovono o modificano, senza autorizzazione, i
dispositivi di sicurezza, di segnalazione, di misurazione ed i
mezzi individuali e collettivi di protezione;
e) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre
non di loro competenza che possono compromettere la protezione o
la sicurezza;
f) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro
riguardi.
7. Obblighi del medico competente. -- 1. Lo stato di salute dei
lavoratori esposti agli agenti di cui all'art. 1, comma 1, è
accertato da un medico competente a cura e spese del datore di
lavoro. Gli eventuali esami integrativi sono anch'essi a cura e
spese del datore di lavoro.
2. Il medico competente esprime i giudizi di idoneità
specifica al lavoro.
3. Per ogni lavoratore di cui al comma 1 il medico competente
istituisce e aggiorna sotto la sua responsabilità, una cartella
sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro
con salvaguardia del segreto professionale.
4. Il medico competente fornisce informazioni ai lavoratori
sul significato dei controlli sanitari cui sono sottoposti;
fornisce altresì a richiesta informazioni analoghe ai loro
rappresentanti.
5. Il medico competente informa ogni lavoratore interessato
dei risultati del controllo sanitario ed in particolare di
quelli degli esami biologici indicativi dell'esposizione
relativi alla sua persona.
6. Il medico competente visita gli ambienti di lavoro almeno
due volte l'anno e partecipa alla programmazione del controllo
dell'esposizione dei lavoratori, i cui risultati gli sono
forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri
di competenza.
8. Allontanamento temporaneo dall'esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici. -- 1. Nel caso in cui il lavoratore
per motivi sanitari inerenti la sua persona, connessi
all'esposizione ad un agente chimico o fisico o biologico, sia
allontanato temporaneamente da un'attività comportante
esposizione ad un agente, in conformità al parere del medico
competente è assegnato, in quanto possibile, ad un altro posto
di lavoro nell'ambito della stessa azienda. Avverso il parere
del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni
dalla data di comunicazione del parere medesimo, all'organo di
vigilanza. Tale organo riesamina la valutazione degli esami
degli accertamenti effettuati dal medico competente disponendo,
dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma o la modifica
o la revoca delle misure adottate nei confronti dei lavoratori.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a
mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle
mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria.
Si applicano le norme di cui all'art. 13 della legge 20 maggio
1970, n. 300, qualora il lavoratore venga adibito a mansioni
equivalenti o superiori.
3. I contratti collettivi di lavoro stipulati dalle
associazioni sindacali di categoria maggiormente
rappresentative, sul piano nazionale, dei datori di lavoro e dei
lavoratori determinano il periodo massimo dell'allontamento
temporaneo agli effetti del comma 2.
9. Altre misure. -- 1. Fatto salvo quanto previsto dalla
normativa per la protezione dell'ambiente esterno, il datore di
lavoro, il dirigente ed il preposto adottano, nell'ambito delle
rispettive competenze, provvedimenti appropriati per evitare che
le misure tecniche per la tutela della salute e della sicurezza
possano causare rischi per la salute della popolazione o
deteriorare l'ambiente esterno.
Capo II - Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi
all'esposizione al piombo metallico ed ai suoi composti ionici
durante il lavoro
10. Attività soggette. -- 1. Le norme del presente capo si
applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è il
rischio di esposizione al piombo metallico od ai suoi composti
ionici, qui di seguito indicati come piombo .
2. Le norme del presente capo non si applicano alle attività
estrattive di minerali contenenti piombo ed alla preparazione di
concentrati di minerali di piombo nel sito della miniera.
3. Nell'allegato I sono indicate a titolo esemplificativo le
attività lavorative che comportano rischio di esposizione al
piombo.
11. Valutazione del rischio. -- 1. Per tutte le attività
lavorative di cui all'art. 10 il datore di lavoro effettua una
valutazione dell'esposizione dei lavoratori al piombo al fine di
adottare le idonee misure preventive e protettive.
2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare
l'inquinamento ambientale prodotto dal piombo aerodisperso,
individuando i punti
di emissione ed i punti a maggior rischio delle aree
lavorative, e comprende una determinazione dell'esposizione
personale dei lavoratori al piombo ed una determinazione della
piombemia.
3. Il datore di lavoro attua le disposizioni di cui agli
articoli 12 commi 2 e 3, 13, 14 commi 2, 15, 17 e 21 qualora
dalla valutazione di cui al comma 2 risulti l'esistenza di
almeno una delle seguenti condizioni:
a) esposizione dei lavoratori e concentrazione di piombo
nell'aria superiore a 40 microgrammi di piombo per metro cubo di
aria, espressa come media ponderata in funzione del tempo su un
periodo di riferimento di otto ore giornaliere;
b) livelli individuali di piombemia uguali o superiori a 35
microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue,
effettivamente correlabili all'esposizione.
4. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni
volta che si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che
possono comportare un aumento significativo dell'esposizione al
piombo e, comunque, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
5. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate, ogni qualvolta
l'organo di vigilanza lo disponga con provvedimento motivato.
6. Per le imprese già in attività la valutazione di cui al
comma 1 è effettuata entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto. Per le imprese che
intraprendono le attività lavorative di cui all'articolo 10, la
valutazione è effettuata non prima di 90 giorni dalla data
dell'effettivo inizio dell'attività e non oltre centottanta
giorni dalla data medesima.
7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati
prima dell'effettuazione della valutazione di cui ai precedenti
commi e sono informati dei risultati. Detti risultati sono
riportati su un apposito registro da tenere a disposizione dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti e dell'organo di
vigilanza.
12. Informazione dei lavoratori. -- 1. In tutte le attività di
cui all'art. 10 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori prima
che essi vengano adibiti a dette attività, nonché ai loro
rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione al piombo,
compresi i rischi per il nascituro ed il neonato;
b) le norme igieniche da adottare per evitare l'introduzione
di piombo, ivi compresa la necessità di non assumere cibi o
bevande e di non fumare sul luogo di lavoro;
c) le precauzioni particolari per ridurre al minimo
l'esposizione al piombo.
L'informazione è ripetuta con periodicità triennale e comunque
ogni qualvolta vi siano delle modifiche nelle lavorazioni che
comportino un mutamento significativo nell'esposizione.
2. Nelle attività che comportano le condizioni
di esposizione di cui all'art. 11, comma 3, il datore di
lavoro fornisce altresì informazioni, per iscritto e con
periodicità annuale, circa:
a) l'esistenza dei valori limite di cui agli articoli 16 e
18 e la necessità del controllo dell'esposizione dei lavoratori
al piombo nell'aria e del controllo biologico;
b) il corretto uso degli indumenti protettivi e dei mezzi
individuali di protezione.
3. Nelle attività di cui al comma 2 il datore di lavoro
inoltre informa ogni singolo lavoratore, tramite il medico
competente, dei risultati, delle misurazioni della piombemia e
di altri indicatori biologici che lo riguardano, nonché
dell'interpretazione data a tali risultati, ed i lavoratori
ovvero i loro rappresentanti dei risultati statistici non
nominativi del controllo biologico.
13. Misure tecniche, organizzative, procedurali. -- 1. Nelle
attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione
indicate all'articolo 11, comma 3, il datore di lavoro:
a) assicura che gli edifici, i locali e gli impianti in cui
avvengono le lavorazioni abbiano caratteristiche tali da poter
essere sottoposti ad efficace pulizia e manutenzione;
b) assicura che nelle varie operazioni lavorative siano
impiegati quantitativi di piombo non superiori alle necessità
delle lavorazioni e che il piombo in attesa di impiego, se in
forma fisica tale da presentare rischio di introduzione, non sia
accumulato sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle
necessità predette;
c) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori
esposti o che possono essere esposti al piombo, anche isolando
le lavorazioni in aree predeterminate;
d) in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico, adotta le misure concretamente attuabili per
evitare o ridurre l'emissione di piombo e la sua diffusione
negli ambienti di lavoro. Se tali misure comprendono
l'installazione di dispositivi di aspirazione o di abbattimento
del piombo, questi sono sistemati quanto più possibile vicino al
punto di emissione. Sono eseguite delle misurazioni della
concentrazione del piombo nell'aria, onde verificare l'efficacia
delle misure adottate;
e) mette a disposizione dei lavoratori:
1. indumenti di lavoro o protettivi, tenendo conto delle
proprietà chimico-fisiche del piombo o dei composti del piombo
cui i lavoratori sono esposti;
2. mezzi per la protezione delle vie respiratorie da
usarsi in operazioni con manipolazione dei prodotti polverosi e
nelle pulizie;
3. mezzi individuali di protezione da usarsi secondo le
previsioni di cui agli articoli 18, comma 4, 19, comma 1, e 20.
14. Misure igieniche. -- 1. In tutte le attività di cui
all'articolo 10 il datore di lavoro:
a) assicura l'igiene degli ambienti di lavoro mediante
regolare ed adeguata pulizia dei locali, dei macchinari e degli
impianti;
b) predispone, in particolare, aree speciali senza rischio
di contaminazione da piombo che consentano ai lavoratori di
sostare, fumare, assumere cibi e bevande nelle pause di lavoro e
nelle quali siano inoltre a disposizione dei lavoratori acqua
potabile ed altre bevande non contaminate dal piombo presente
sul posto di lavoro.
2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di
esposizione di cui all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro,
inoltre:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi sanitari
adeguati, provvisti di docce;
b) dispone che gli indumenti di lavoro o protettivi siano
riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili.
Il lavaggio è effettuato dall'impresa in lavanderie
appositamente attrezzate, con una macchina adibita
esclusivamente a questa attività. Il trasporto, sia all'interno
sia all'esterno dello stabilimento, è effettuato in imballaggi
chiusi, opportunamente etichettati. L'attività di lavaggio è
comunque compresa fra quelle indicate all'art. 10.
15. Controllo sanitario. -- 1. Nelle attività lavorative che
comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 11,
comma 3, i lavoratori sono sottoposti a controllo sanitario
(clinico e biologico).
2. Il controllo clinico, da effettuarsi in conformità ai
criteri di cui all'allegato II, comprende:
a) una visita medica preventiva, per accertare l'assenza di
controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione
dell'idoneità dei lavoratori;
b) visite mediche periodiche, per controllare il loro stato
di salute ed esprimere il giudizio di idoneità. Le visite
mediche periodiche hanno frequenza annuale, salvo i casi
particolari indicati all'art. 16. Le visite mediche includono
indagini diagnostiche mirate, stabilite dal medico competente.
Esse tengono conto, oltre che dell'entità dell'esposizione,
anche della sensibilità individuale del lavoratore al piombo.
3. Il controllo biologico comprende la misurazione della
piombemia, effettuata con il metodo di analisi riportato
nell'allegato III.
4. Il controllo biologico può inoltre comprendere, se il
medico competente lo ritiene necessario, la misurazione,
effettuata con i metodi di analisi riportati nell'allegato III,
di uno o più indicatori di effetto, in particolare:
a) escrezione urinaria dell'acido delta-amminolevulinico
(A.L.A.U.);
b) protoporfirine di zinco (Z.P.P.).
5. La misurazione dell'A.L.A.U. e delle Z.P.P. è obbligatoria
nei casi particolari indicati all'art. 16.
6. I metodi di analisi di cui ai commi 3 e 4 sono aggiornati
periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, in base alle direttive CEE e
in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso
scientifico e tecnologico.
7. Salvo i casi particolari indicati all'articolo 16, il
controllo biologico avviene con le frequenze sottoindicate:
a) annualmente, per valori di piombemia inferiori o uguali a
40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue;
b) ogni sei mesi, per valori di piombemia superiori a 40
microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue ed inferiori
o uguali a 50 microgrammi di piombo per 100 millilitri di
sangue;
c) ogni tre mesi, per valori di piombemia superiori a 50
microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue ed inferiori
o uguali a 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di
sangue.
16. Superamento dei valori limite biologici. -- 1. Quando la
piombemia individuale supera il valore di 60 microgrammi di
piombo per 100 millilitri di sangue, il medico competente
sottopone immediatamente il lavoratore interessato ad una visita
medica, nonché ad un controllo dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. e ne
informa il datore di lavoro.
2. Il datore di lavoro adotta immediatamente le misure
necessarie per identificare e rimuovere le cause di tale
superamento, anche con eventuali ulteriori misurazioni della
concentrazione di piombo nell'aria, informando i lavoratori
interessati del superamento e delle misure che intende adottare.
In conformità al parere del medico competente, le misure
cautelative possono consistere in una riduzione del tempo di
esposizione o nell'allontanamento del lavoratore
dall'esposizione stessa.
3. Il lavoratore che non sia stato allontanato
dall'esposizione viene sottoposto ad un nuovo controllo della
piombemia e dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. entro il termine di tre
mesi. Se il valore di 60 microgrammi di piombo per 100
millilitri di sangue continua ad essere superato, egli non può
essere mantenuto al suo posto di lavoro abituale per tutta la
durata dell'orario lavorativo e la durata di tale permanenza è
convenientemente ridotta, su indicazione del medico competente.
Il lavoratore può essere assegnato in alternativa, su conforme
parere del medico competente, ad un'altra mansione che comporti
una esposizione minore.
4. Le misure cautelative di cui al comma 3 possono non essere
applicate nel caso in cui il valore dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P.
del lavoratore interessato sono, a giudizio del medico
competente, compatibili con la sua normale attività lavorativa.
5. Tutti i lavoratori che si trovano nelle condizioni indicate
ai commi precedenti sono sottoposti a visita medica ed al
controllo della piombemia e dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. ad
intervalli stabiliti dal medico competente e comunque inferiori
a tre mesi, fino a che i valori dei parametri misurati non
risultano, a giudizio del medico competente, compatibili con
l'attività lavorativa normalmente svolta dagli stessi.
6. Se risulta superato almeno uno dei seguenti valori:
Piombemia: 70 microgrammi di piombo per 100 millilitri di
sangue;
A.L.A.U.: 15 milligrammi per grammo di creatinina;
Z.P.P.: 12 microgrammi per grammo di emoglobina, il datore
di lavoro allontana al più presto il lavoratore interessato da
qualsiasi esposizione al piombo. Per tale lavoratore si continua
ad applicare il controllo clinico e biologico previsto al comma
5.
7. Contro le misure adottate nei loro riguardi, i lavoratori
interessati dalle disposizioni di cui ai commi precedenti
possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta
giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro.
8. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma
1.
9. Per le lavoratrici in età fertile il riscontro di valori di
piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100
millilitri di sangue comporta, comunque, l'allontanamento
dall'esposizione.
17. Controllo dell'esposizione dei lavoratori. -- 1. Nelle
attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione
indicate all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro effettua un
controllo periodico dell'esposizione dei lavoratori al piombo
nell'aria.
2. Detto controllo è effettuato attraverso la misurazione
della concentrazione del piombo nell'aria, espressa come media
ponderata su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere,
utilizzando i metodi di prelievo e di dosaggio riportati
nell'allegato IV.
3. Ogni misurazione, per un lavoratore o per un gruppo di
lavoratori, deve essere rappresentativa dell'esposizione media
giornaliera al piombo nell'aria.
4. Nel caso di attività che comportano variazione
dell'esposizione nelle diverse giornate lavorative, il
campionamento è effettuato nelle giornate in cui tale
esposizione è verosimilmente maggiore.
5. La durata del campionamento non può essere, di norma,
inferiore a quattro ore. Il campionamento può essere costituito
da uno o più prelievi.
6. Se un gruppo di lavoratori esegue mansioni identiche o
simili nello stesso luogo ed è perciò esposto a rischi per la
salute analoghi, il campionamento può effettuarsi su base di
gruppo. In tal caso è prelevato un campione per almeno un
lavoratore su dieci.
7. Il controllo è effettuato con frequenza trimestrale. Se non
interviene alcuna modifica che possa provocare un mutamento
significativo dell'esposizione dei lavoratori, il controllo avrà
frequenza annuale previa comunicazione all'organo di vigilanza
qualora sussistano le condizioni sottoindicate:
a) i risultati delle misurazioni hanno indicato, nei due
controlli immediatamente precedenti, una concentrazione di
piombo nell'aria inferiore a 100 microgrammi per metro cubo
d'aria od una fluttuazione irrilevante nelle condizioni di
esposizione;
b) il livello individuale di piombemia di ciascun lavoratore
non è superiore a 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di
sangue.
8. I lavoratori o i loro rappresentanti sono consultati in
riferimento a quanto previsto dal comma 4 e sono informati sui
risultati delle misurazioni effettuate e sul significato di
detti risultati.
18. Superamento dei valori limite di esposizione. -- 1.
L'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria non può
superare il valore limite di 150 microgrammi di piombo per metro
cubo di aria, espressa come media ponderata in funzione del
tempo su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere. In
caso di superamento di detto valore il datore di lavoro
identifica e rimuove le cause dell'evento, adottando quanto
prima le misure appropriate. In conformità al parere del medico
competente, lo stesso procede ad una determinazione immediata
dei parametri biologici dei lavoratori interessati.
2. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 1
il datore di lavoro procede ad una nuova determinazione della
concentrazione di piombo nell'aria.
3. Se le misure di cui al comma 1 non possono essere adottate
immediatamente per motivi tecnici, il lavoro può proseguire
nella zona interessata soltanto se vengono adottate adeguate
misure per la protezione dei lavoratori interessati, anche in
conformità al parere del medico competente.
4. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati
non può venire ridotta con altri mezzi, quali ad esempio la
riduzione della permanenza giornaliera nell'area interessata e
si rende necessario l'uso di mezzi individuali di protezione,
tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni
lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
5. L'organo di vigilanza è informato tempestivamente, e
comunque non oltre cinque giorni, delle rilevazioni effettuate e
delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi
trenta giorni dall'accertamento del superamento del valore di
cui al comma 1, il lavoro può proseguire nella zona interessata
soltanto se l'esposizione dei lavoratori risulta nuovamente
inferiore al suddetto valore limite.
6. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori
interessati ovvero i loro rappresentanti dell'evento di cui al
comma 1 e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure
che intende adottare, anche in relazione al comma 3; in casi di
particolare urgenza, che richiedano interventi immediati, il
datore di lavoro li informa al più presto delle misure già
adottate.
19. Misure di emergenza. -- 1. Se si verificano eventi che
possono provocare un incremento rilevante dell'esposizione al
piombo, i lavoratori debbono abbandonare immediatamente la zona
interessata. Potranno accedervi unicamente i
lavoratori addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di
usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza il
verificarsi di tali eventi e riferisce sulle misure adottate per
ridurre al minimo le conseguenze.
20. Operazioni lavorative particolari. -- 1. Nel caso di
determinate operazioni lavorative per la cui natura è
prevedibile che l'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria
superi il valore limite di cui all'articolo 18, comma 1, e per
le quali non si possono attuare misure tecniche preventive per
limitare l'esposizione dei lavoratori, il datore di lavoro
predispone un piano di lavoro contenente tutte le misure
destinate a garantire la protezione dei lavoratori e
dell'ambiente.
2. L'organo di vigilanza è informato di quanto sopra prima
dell'inizio delle operazioni e può disporre l'attuazione di
ulteriori misure o modifiche rispetto a quelle previste dal
datore di lavoro.
3. Al termine delle operazioni i lavoratori sono sottoposti ad
un controllo dell'A.L.A.U. Se il medico competente, tenuto anche
conto dei risultati della misurazione dell'A.L.A.U., ne ravvisa
la necessità, il lavoratore è sottoposto ad ulteriori esami
clinici e biologici.
4. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono previamente
consultati ai fini della predisposizione del piano di cui al
comma 1.
21. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori. -- 1. I
lavoratori incaricati di svolgere le attività che comportano le
condizioni di esposizione indicate nell'articolo 11, comma 3,
sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera
q).
2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal
datore di lavoro che ne cura la tenuta.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL
e alla USL competente per territorio, cui comunica ogni tre
anni, e comunque ogni qualvolta l'ISPESL e la USL ne facciano
richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed
all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro;
c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio
la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni
sopravvenute dall'ultima comunicazione;
d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio,
in caso di cessazione dell'attività dell'impresa, il registro di
cui al comma 1;
e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio
copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione dei
lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che
comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 11,
comma 3;
f) tramite il medico competente, comunica ai lavoratori
interessati le relative annotazioni individuali contenute nel
registro e nella cartella sanitaria e di rischio di cui all'art.
4, comma 1, lettera q).
4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono
riservati.
Capo III - Protezione dei lavoratori contro i rischi connessi
all'esposizione ad amianto durante il lavoro
22. Attività soggette. -- 1. Le norme del presente capo si
applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è
rischio di esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o
dai materiali contenenti amianto.
23. Definizioni. -- 1. Ai sensi del presente decreto il termine
amianto designa i seguenti silicati fibrosi:
actinolite (n. CAS 77536-66-4);
amosite (n. CAS 12172-73-5);
antofillite (n. CAS 77536-67-5);
crisotilo (n. CAS 12001-29-5);
crocidolite (n. CAS 12001-78-4);
tremolite (n. CAS 77536-68-6).
24. Valutazione del rischio. -- 1. In tutte le attività
lavorative di cui all'art. 22 il datore di lavoro effettua una
valutazione del rischio dovuto alla polvere proveniente
dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di
stabilire le misure preventive e protettive da attuare. Si
applica l'art. 11, comma 6.
2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare
l'inquinamento ambientale prodotto dalla polvere proveniente
dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, individuando i
punti di emissione di dette polveri ed i punti a maggior rischio
delle aree lavorative, e comprende una determinazione
dell'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di
amianto.
3. Se l'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di
amianto, espressa come numero di fibre per centimetro cubo in
rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, supera 0,1
fibre per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le
disposizioni degli artt. 25, comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2,
28, comma 2, 30 e 35. Tuttavia nel caso di attività che
comportano l'impiego di amianto come materia prima gli articoli
25 e 30 sono in ogni caso applicabili.
4. Nel caso di attività a carattere saltuario e qualora
l'amianto sia costituito da crisotilo, la determinazione
dell'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di
amianto è sostituita dalla determinazione della dose cumulata in
rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, su un periodo
di quaranta ore, misurata o calcolata ai sensi del comma 3.
5. Se detta dose supera 0,5 giorni-fibra per centimetro cubo,
il datore di lavoro attua le disposizioni degli articoli 25
comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35.
6. La valutazione di cui al comma 2 può prescindere
dall'effettuazione di misurazioni strumentali nelle attività per
le quali, a motivo delle caratteristiche delle lavorazioni
effettuate o della natura e del tipo dei materiali trattati, si
può fondatamente ritenere che l'esposizione dei lavoratori non
supera i valori di cui ai commi precedenti. Per tale valutazione
è possibile fare riferimento a dati ricavati da attività della
medesima natura svolte in condizioni analoghe.
7. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni
qualvolta si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che
possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione
dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai
materiali contenenti amianto e, comunque, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
8. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate ogni qualvolta
l'organo di vigilanza lo disponga, con provvedimento motivato.
9. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati
prima dell'effettuazione della valutazione di cui al presente
articolo e sono informati dei risultati riportati su un apposito
registro da tenere a loro disposizione.
25. Notifica. -- 1. Fermo restando quanto previsto all'art. 48
del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, ove applicabile, il datore di lavoro, che esercita
attività nelle quali l'esposizione dei lavoratori alla polvere
di amianto risulta uguale o superiore ai valori indicati ai
commi 3 o 5 dell'art. 24, notifica all'organo di vigilanza le
risultanze della valutazione di cui allo stesso articolo,
unitamente alle seguenti informazioni:
a) attività svolte e procedimenti applicati;
b) varietà e quantitativi annui di amianto utilizzati;
c) prodotti fabbricati;
d) numero di lavoratori addetti;
e) misure di protezione previste, con specificazione dei
criteri per la manutenzione periodica e dei sistemi di
prevenzione adottati.
2. Il datore di lavoro che esercita attività nelle quali
l'amianto è impiegato come materia prima è comunque tenuto ad
effettuare la notifica di cui al comma 1 a prescindere dal
livello di esposizione dei lavoratori.
3. Il datore di lavoro effettua la notifica di cui ai commi
precedenti entro trenta giorni dalla scadenza dei termini di cui
all'art. 11, comma 6. Nel caso di nuove attività, l'inizio delle
stesse è comunicato con lettera raccomandata all'organo di
vigilanza entro quindici giorni.
4. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso
alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi
precedenti.
26. Informazione dei lavoratori. -- 1. Nelle attività di cui
all'art. 22 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima
che essi siano adibiti a dette attività, nonché ai loro
rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla
polvere proveniente dall'amianto o dei materiali contenenti
amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa
la necessità di non fumare;
c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti
protettivi e dei mezzi individuali di protezione;
d) le misure di precauzione particolari da prendere per
ridurre al minimo l'esposizione.
L'informazione è ripetuta con periodicità triennale e comunque
ogni qualvolta vi siano delle modifiche nelle lavorazioni che
comportino un mutamento significativo dell'esposizione.
2. Nelle attività che comportano le condizioni di esposizione
indicate all'art. 24, commi 3 o 5, l'informazione è ripetuta con
periodicità annuale e comprende altresì l'esistenza dei valori
limite di cui all'art. 31 e la necessità del controllo
dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto
nell'aria.
27. Misure tecniche, organizzative, procedurali. -- 1. In tutte
le attività di cui all'art. 22 il datore di lavoro:
a) assicura che gli edifici, i locali e gli impianti in cui
avvengono le lavorazioni dell'amianto e dei materiali contenenti
amianto abbiano caratteristiche tali da poter essere sottoposti
ad efficace pulitura e manutenzione;
b) assicura che nelle varie operazioni lavorative siano
impiegati quantitativi di amianto non superiori alle necessità
delle lavorazioni e che l'amianto in attesa di impiego, se in
forma fisica tale da presentare rischio di introduzione, non sia
accumulato sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle
necessità predette;
c) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori
esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente
dall'amianto o da materiali contenenti amianto, anche isolando
le lavorazioni in aree predeterminate;
d) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo
che non vi sia emissione di polvere di amianto nell'aria. Se ciò
non è tecnicamente possibile, l'eliminazione della polvere deve
avvenire il più possibile vicino al punto di emissione. Sono
eseguite misurazioni della concentrazione della polvere di
amianto nell'aria, onde verificare l'efficacia delle misure
adottate;
e) mette a disposizione dei lavoratori:
1) adeguati indumenti di lavoro o protettivi;
2) mezzi di protezione delle vie respiratorie da usarsi in
operazioni con manipolazioni di prodotti polverosi e nelle
pulizie;
f) assicura che l'amianto allo stato grezzo ed i materiali
polverosi che lo contengono siano conservati e trasportati in
adeguati imballaggi chiusi;
g) provvede a che gli scarti ed i residui delle lavorazioni
siano raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto
possibile in appositi imballaggi chiusi e non deteriorabili,
oppure con applicazione di rivestimenti idonei sui quali deve
essere apposta un'etichetta indicante che essi contengono
amianto. Questa misura non si applica alle attività estrattive.
Egli provvede, inoltre, a che essi siano smaltiti in conformità
alle norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10
settembre 1982, n. 915, e successive modifiche ed
integrazioni.
2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di
esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, il datore di
lavoro provvede altresì a che:
a) i luoghi nei quali si svolgono dette attività siano
chiaramente delimitati e contrassegnati da apposita segnaletica
di sicurezza;
b) detti luoghi siano accessibili esclusivamente ai
lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o
delle loro mansioni;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori mezzi
individuali di protezione da usarsi secondo le previsioni di cui
all'art. 31, comma 7.
28. Misure igieniche. -- 1. Nelle attività di cui all'art. 22,
il datore di lavoro:
a) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali,
delle attrezzature e degli impianti, effettuando l'asportazione
della polvere a mezzo di aspiratori adeguati;
b) predispone aree speciali che consentano ai lavoratori di
mangiare, bere e sostarvi senza rischio di contaminazione da
polvere di amianto. E' permesso fumare soltanto in dette aree.
2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di
esposizione di cui all'art. 24, commi 3 o 5, fatto salvo quanto
disposto dal comma 6 dello stesso articolo, il datore di lavoro
inoltre:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
adeguati, provvisti di docce. Ove possibile, queste sono ad uso
esclusivo dei lavoratori addetti, con percorsi separati per
l'ingresso e l'uscita dall'area di lavoro;
b) dispone che gli indumenti di lavoro o protettivi siano
riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili.
Il lavaggio è effettuato dall'impresa in lavanderie
appositamente attrezzate, con una macchina adibita
esclusivamente a questa attività. Il trasporto è effettuato in
imballaggi chiusi, opportunamente etichettati. L'attività di
lavaggio è comunque compresa fra quelle indicate all'art. 22;
c) provvede a che i mezzi individuali di protezione di cui
all'art. 27, comma 2, lettera c), siano custoditi in locali
all'uopo destinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire
quelli difettosi prima di ogni nuova utilizzazione. La pulitura
di detti mezzi è effettuata mediante aspirazione.
29. Controllo sanitario. -- 1. Fermo restando quanto previsto
in tema di prevenzione sanitaria dell'asbestosi dal decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124,
integrato dal decreto ministeriale 21 gennaio 1987, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 35 dell'11 febbraio 1987, il datore
di lavoro, in conformità al parere del medico competente,
adotta, se necessario, misure preventive e protettive per
singoli lavoratori, sulla base delle risultanze degli esami
clinici effettuati. Tali misure possono comprendere
l'allontanamento anche temporaneo del lavoratore interessato da
qualsiasi esposizione all'amianto.
2. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori
interessati dalle disposizioni di cui al comma 1 possono
inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni,
informandone per iscritto il datore di lavoro.
3. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma
1.
4. Il medico competente fornisce ai lavoratori ovvero ai loro
rappresentanti adeguate informazioni sul significato delle
visite mediche alle quali essi sono sottoposti e sulla necessità
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività che comporta esposizione alla polvere proveniente
dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
30. Controllo dell'esposizione dei lavoratori. -- 1. In tutte
le attività che comportano le condizioni di esposizione indicate
all'art. 24, commi 3 e 5, il datore di lavoro effettua un
controllo periodico dell'esposizione dei lavoratori alla polvere
di amianto nell'aria. Nelle attività nelle quali l'amianto è
impiegato come materia prima tale controllo è effettuato
comunque, a prescindere dal grado di esposizione.
2. Il controllo di cui al comma 1 è effettuato attraverso la
misurazione della concentrazione delle fibre di amianto
nell'aria, espressa come media ponderata in rapporto ad un
periodo di riferimento di otto ore, usando i metodi di prelievo
e di analisi riportati nell'allegato V.
3. Ai fini della misurazione si prendono in considerazione
unicamente le fibre che hanno una lunghezza superiore a 5
micron, un larghezza inferiore a 3 micron ed il cui rapporto
lunghezza/larghezza è superiore a 3:1.
4. Le misurazioni sono opportunamente programmate. Il
campionamento è eseguito da personale in possesso di idonee
qualifiche. I campioni sono analizzati in laboratori pubblici o
privati all'uopo attrezzati ed autorizzati. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono stabiliti
i requisiti minimi per l'esercizio delle attività di
campionamento e di analisi e per il rilascio delle
autorizzazioni laboratori di analisi da parte del Ministro della
sanità.
5. Il campionamento deve essere relativo all'esposizione
personale del singolo lavoratore e può comprendere uno o più
prelievi. Esso è effettuato in modo da permettere la valutazione
dell'esposizione giornaliera del lavoratore ed è integrato da un
campionamento ambientale se questo è necessario per identificare
le cause ed il grado dell'inquinamento.
6. Se la durata del campionamento non si estende all'intero
periodo di riferimento di otto ore, è comunque effettuato un
prelievo per ciascuna fase del ciclo lavorativo in modo da poter
calcolare il valore della media ponderata della concentrazione
delle fibre di amianto nell'aria per l'intero periodo di otto
ore. In ogni caso, la durata del campionamento non è
complessivamente inferiore a due ore.
7. Se un gruppo di lavoratori esegue mansioni identiche o
simili nello stesso luogo ed è perciò esposto a rischi per la
salute analoghi, il campionamento può effettuarsi su base di
gruppo.
8. Le misurazioni sono, di norma, eseguite ogni tre mesi e
comunque ogni volta che intervengono mutamenti che possono
provocare una variazione significativa dell'esposizione dei
lavoratori alla polvere di amianto. La frequenza delle
misurazioni può essere ridotta fino ad una volta all'anno,
previa comunicazione all'organo di vigilanza, quando:
a) non interviene nessuna modifica sostanziale nelle
condizioni del luogo di lavoro;
b) i risultati delle due misurazioni precedenti non hanno
superato la metà dei valori limite indicati all'art. 31.
9. Nelle attività a carattere saltuario la frequenza delle
misure è adattata alle condizioni esistenti, tenendo conto, in
particolare, del numero annuo di giornate lavorative e della
distribuzione di queste nel corso dell'anno. Detta frequenza è,
in ogni caso, almeno annuale.
10. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono informati
sui risultati delle misurazioni effettuate e sul significato di
detti risultati e sono consultati prima dell'effettuazione del
campionamento.
31. Superamento dei valori limite di esposizione. -- 1. I
valori limite di esposizione alla polvere di amianto nell'aria,
espressi come media ponderata in funzione del tempo su un
periodo di riferimento di otto ore, sono:
a) 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo;
b) 0,2 fibre per centimetro cubo per tutte le altre varietà
di amianto, sia isolate sia in miscela, ivi comprese le miscele
contenenti crisotilo.
2. A decorrere dal 1 gennaio 1993 il valore limite di
esposizione per crisotilo è di 0,6 fibre per centimetro cubo,
eccezion fatta per le attività estrattive. A decorrere dal 1
gennaio 1996 lo stesso valore limite di cui sopra è esteso alle
attività estrattive.
3. Nel caso di lavorazioni che possono comportare sensibili
variazioni della concentrazione della polvere di amianto
nell'aria, tale concentrazione non deve in ogni caso superare il
quintuplo dei valori di cui ai commi precedenti per misure
effettuate su un periodo di 15 minuti.
4. Se si verifica un superamento dei valori limite di
esposizione di cui ai commi precedenti, il datore di lavoro
identifica e rimuove la causa dell'evento adottando quanto prima
misure appropriate.
5. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se
sono state prese le misure adeguate per la protezione dei
lavoratori interessati e dell'ambiente. Se le misure di cui al
comma 4 non possono essere adottate immediatamente per motivi
tecnici, il lavoro può proseguire nella zona interessata
soltanto se sono state adottate tutte le misure per la
protezione dei lavoratori addetti e dell'ambiente, tenuto conto
del parere del medico competente.
6. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 4,
il datore di lavoro procede ad una nuova misurazione della
concentrazione delle fibre di amianto nell'aria non appena sia
ragionevole ritenere ultimata la deposizione dei quantitativi
anomali di fibre preesistenti agli interventi medesimi.
7. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati
non può venire ridotta con altri mezzi e si rende necessario
l'uso dei mezzi individuali di protezione, tale uso non può
essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è
limitata al minimo strettamente necessario.
8. L'organo di vigilanza è informato tempestivamente e
comunque non oltre cinque giorni delle rilevazioni effettuate e
delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi
novanta giorni dall'accertamento del superamento dei valori di
cui ai commi 1, 2 e 3, il lavoro può proseguire nella zona
interessata soltanto se l'esposizione dei lavoratori risulta
nuovamente inferiore ai suddetti valori limite.
9. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori
interessati ed i loro rappresentanti dell'evento e delle cause
dello stesso e li consulta sulle misure che intende adottare,
anche ai sensi del comma 5; in casi di particolare urgenza, che
richiedono interventi immediati, li informa al più presto delle
misure già adottate.
32. Misure d'emergenza. -- 1. Se si verificano eventi che
possono provocare un incremento rilevante dell'esposizione alla
polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti
amianto, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona
interessata. Potranno accedervi unicamente i lavoratori addetti
ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi
di protezione.
2. Il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza il
verificarsi di tali eventi e riferisce sulle misure adottate per
ridurre al minimo le conseguenze.
33. Operazioni lavorative particolari. -- 1. Nel caso di
determinate operazioni lavorative per la cui natura particolare
è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori alla polvere di
amianto superi i valori limite di cui all'art. 31 e per le quali
non è possibile attuare misure tecniche di prevenzione atte a
limitare l'esposizione dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti.
In particolare, oltre ad applicare le misure generali indicate
nei precedenti articoli:
a) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e mezzi
individuali di protezione destinati ad essere usati durante tali
lavori;
b) provvede al rigoroso isolamento dell'area di lavoro ed
all'installazione di adeguati sistemi di ricambio dell'aria con
filtri assoluti;
c) provvede all'affissione di appositi cartelli segnaletici,
recanti la scritta: ATTENZIONE ZONA AD ALTO RISCHIO - POSSIBILE
PRESENZA DI POLVERE DI AMIANTO IN CONCENTRAZIONE SUPERIORE AI
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE ;
d) predispone, consultando i lavoratori ovvero i loro
rappresentanti, un piano di lavoro contenente tutte le misure
destinate a garantire la protezione dei lavoratori e
dell'ambiente e lo trasmette preventivamente all'organo di
vigilanza.
34. Lavori di demolizione e di rimozione dell'amianto. -- 1. Il
datore di lavoro predispone un piano di lavoro prima dell'inizio
dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto, ovvero
dei materiali contenenti amianto, dagli edifici, strutture,
apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto.
2. Il piano di cui al comma 1 prevede le misure necessarie per
garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori e la
protezione dell'ambiente esterno.
3. Il piano, in particolare, prevede:
a) la rimozione dell'amianto ovvero dei materiali contenenti
amianto prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione,
se opportuno;
b) la fornitura ai lavoratori di appositi mezzi individuali
di protezione;
c) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del
personale incaricato dei lavori;
d) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la
raccolta e lo smaltimento dei materiali;
e) l'adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei
valori limite di cui all'art. 31, delle misure di cui all'art.
33, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico.
4. Copia del piano di lavoro è inviata all'organo di
vigilanza, unitamente a informazioni circa:
a) natura dei lavori e loro durata presumibile;
b) luogo ove i lavori verranno effettuati;
c) tecniche lavorative per attuare quanto previsto alla
lettera a) del comma 3;
d) natura dell'amianto contenuto nei materiali di
coibentazione nel caso di demolizioni;
e) caratteristiche degli impianti che si intende utilizzare
per attuare quanto previsto dalla lettera c) del comma 3;
f) materiali previsti per le operazioni di decoibentazione.
5. Se l'organo di vigilanza non rilascia prescrizioni entro
novanta giorni dall'invio della documentazione di cui al comma
4, i datori di lavoro possono eseguire i lavori, ferma restando
la loro responsabilità per quanto riguarda l'osservanza delle
disposizioni del presente decreto.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 4 sostituisce
gli adempimenti di cui all'art. 25.
7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso
alla documentazione di cui al comma 4.
8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sono fissate le norme tecniche da rispettare nell'esecuzione
dei lavori di decoibentazione.
35. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori. -- 1. I
lavoratori incaricati di svolgere attività che comportano le
condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5,
sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera
q).
2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal
datore di lavoro, che è responsabile della sua tenuta.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL
e alla USL competente per territorio, cui comunica ogni tre
anni, e comunque ogni qualvolta l'ISPESL o la USL ne facciano
richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed
all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro;
c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio
la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni
sopravvenute dall'ultima comunicazione;
d) consegna, in caso di cessazione dell'attività
dell'impresa, il registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla
USL competente per territorio;
e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio
copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di
lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che
comportano le condizioni di esposizione di cui all'articolo 24,
commi 3 o 5;
f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico
competente le relative annotazioni individuali contenute nel
registro e nella cartella sanitaria e di rischio di cui all'art.
4, comma 1, lettera q).
4. E' istituito presso l'ISPESL, che ne cura l'aggiornamento,
un registro nazionale dei lavoratori addetti alle attività che
comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 24,
commi 3 o 5.
5. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono
riservati.
36. Registro dei tumori. -- 1. Presso l'ISPESL è istituito un
registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma
asbesto-correlati.
2. Gli organi del Servizio sanitario nazionale, nonché gli
istituti previdenziali assicurativi pubblici e privati
trasmettono all'ISPESL copia della documentazione clinica ovvero
anatomopatologica riguardante ciascun caso di asbestosi e di
mesotelioma asbesto-correlato.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della sanità, sono determinati il modello e le modalità di
tenuta del registro, nonché le modalità di trasmissione della
documentazione di cui al comma 2.
37. Attività vietate. -- 1. E' vietato l'uso dell'amianto in
applicazione a spruzzo.
2. A decorrere dal 1 gennaio 1993 sono vietate le attività
che implicano l'incorporazione di materiali isolanti o
insonorizzati a bassa densità (inferiore a 1 g/cm3)) che
contengono amianto.
38. Finalità. -- 1. Le norme del presente capo sono dirette
alla protezione dei lavoratori contro i rischi per l'udito e,
laddove sia espressamente previsto, contro i rischi per la
salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore
durante il lavoro.
39. Definizioni. -- 1. Ai sensi delle presenti norme si intende
per:
a) esposizione quotidiana personale di un lavoratore al
rumore (LEP, d), l'esposizione quotidiana personale di un
lavoratore al rumore espressa in dB(A) misurata, calcolata e
riferita ad 8 ore giornaliere.
Essa si esprime con la formula:
(omissis)
b) esposizione settimanale professionale di un lavoratore al
rumore (LEP, w), la media settimanale dei valori quotidiani LEP,
d, valutata sui giorni lavorativi della settimana.
Essa è calcolata mediante la formula:
(omissis)
40. Valutazione del rischio. -- 1. Il datore di lavoro procede
alla valutazione del rumore durante il lavoro, al fine di
identificare i lavoratori ed i luoghi di lavoro considerati dai
successivi articoli e di attuare le misure preventive e
protettive, ivi previste. Si applica l'art. 11, comma 6.
2. Se a seguito della valutazione di cui al comma 1 può
fondatamente ritenersi che l'esposizione quotidiana personale
ovvero quella media settimanale, se quella quotidiana è
variabile nell'arco della settimana, supera il valore di cui
all'art. 42, la valutazione comprende una misurazione effettuata
nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VI.
3. La valutazione è programmata ed effettuata ad opportuni
intervalli da personale competente, sotto la responsabilità del
datore di lavoro.
4. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere
adeguati, considerate in particolare le caratteristiche del
rumore da misurare, la durata dell'esposizione, i fattori
ambientali e le caratteristiche dell'apparecchio di misura. Essi
devono permettere in ogni caso di stabilire se i valori indicati
ai successivi articoli sono superati.
5. Fermo restando quanto previsto al comma 3, la valutazione
deve essere comunque nuovamente effettuata ogni qualvolta vi è
un mutamento nelle lavorazioni che influisce in modo sostanziale
sul rumore prodotto ed ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo
dispone con provvedimento motivato.
6. Il datore di lavoro redige e tiene a disposizione
dell'organo di vigilanza un rapporto nel quale sono indicati i
criteri e le modalità di effettuazione delle valutazioni e sono
in particolare riportati gli elementi di cui ai commi 3 e 4.
7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati
in ordine a quanto previsto dal comma 3.
41. Misure tecniche, organizzative, procedurali. -- 1. Il
datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti
dall'esposizione al rumore mediante misure tecniche,
organizzative e procedurali, concretamente attuabili,
privilegiando gli interventi alla fonte.
2. Nei luoghi di lavoro che possono comportare, per un
lavoratore che vi svolga la propria mansione per l'intera
giornata lavorativa, un'esposizione quotidiana personale
superiore a 90 dBA oppure un valore della pressione acustica
istantanea non ponderata superiore a 140 dB (200 Pa) è esposta
una segnaletica appropriata.
3. Tali luoghi sono inoltre perimetrati e soggetti ad una
limitazione di accesso qualora il rischio di esposizione lo
giustifichi e tali provvedimenti siano possibili.
42. Informazione e formazione. -- 1. Nelle attività che
comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale di un
lavoratore al rumore superiore a 80 dBA, il datore di lavoro
provvede a che i lavoratori ovvero i loro rappresentanti vengano
informati su:
a) i rischi derivanti all'udito dall'esposizione al rumore;
b) le misure adottate in applicazione delle presenti norme;
c) le misure di protezione cui i lavoratori debbono
conformarsi;
d) la funzione dei mezzi individuali di protezione, le
circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso a
norma dell'art. 43;
e) il significato ed il ruolo del controllo sanitario di cui
all'art. 44 per mezzo del medico competente;
f) i risultati ed il significato della valutazione di cui
all'art. 40.
2. Se le suddette attività comportano un valore
dell'esposizione quotidiana personale al rumore superiore a 85
dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ricevano
altresì un'adeguata formazione su:
a) l'uso corretto dei mezzi individuali di protezione
dell'udito;
b) l'uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei
rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature
che, utilizzati in modo continuativo, producono un'esposizione
quotidiana personale di un lavoratore al rumore pari o superiore
a 85 dBA.
43. Uso dei mezzi individuali di protezione dell'udito. -- 1.
Il datore di lavoro fornisce i mezzi individuali di protezione
dell'udito a tutti i lavoratori la cui esposizione quotidiana
personale può verosimilmente superare 85 dBA.
2. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono adattati
al singolo lavoratore ed alle sue condizioni di lavoro, tenendo
conto della sicurezza e della salute.
3. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono
considerati adeguati ai fini delle presenti norme se,
correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od
inferiore a quello derivante da un'esposizione quotidiana
personale di 90 dBA.
4. Fatto salvo quanto disposto dall'art. 41, comma 1, i
lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dBA
devono utilizzare i mezzi individuali di protezione dell'udito
fornitigli dal datore di lavoro.
5. Se l'applicazione delle misure di cui al comma 4 comporta
rischio di incidente, a questo deve ovviarsi con mezzi
appropriati;
6. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati
per la scelta dei modelli dei mezzi di cui al comma 1.
44. Controllo sanitario.-- 1. I lavoratori la cui esposizione
quotidiana personale al rumore supera 85 dBA, indipendentemente
dall'uso di mezzi individuali di protezione, sono sottoposti a
controllo sanitario.
2. Detto controllo comprende:
a) una visita medica preventiva, integrata da un esame della
funzione uditiva eseguita nell'osservanza dei criteri riportati
nell'allegato VII, per accertare l'assenza di controindicazioni
al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei
lavoratori;
b) visite mediche periodiche, integrate dall'esame della
funzione uditiva, per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità. Esse devono
tenere conto, oltre che dell'esposizione, anche della
sensibilità acustica individuale. La prima di tali visite è
effettuata non oltre un anno dopo la visita preventiva.
3. La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico
competente. Gli intervalli non possono essere comunque superiori
a due anni per lavoratori la cui esposizione quotidiana
personale non supera 90 dBA e ad un anno nei casi di esposizione
quotidiana personale superiore a 90 dBA, di cui agli articoli 47
e 48.
4. Il controllo sanitario è esteso ai lavoratori la cui
esposizione quotidiana personale sia compresa tra 80 dBA e 85
dBA qualora i lavoratori interessati ne facciano richiesta e il
medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di
individuare eventuali effetti extrauditivi.
5. Il datore di lavoro, in conformità al parere del medico
competente, adotta misure preventive e protettive per singoli
lavoratori, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali
misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione
quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante
opportune misure organizzative.
6. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori
interessati dalle disposizioni di cui al comma 5 possono
inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni,
informandone per iscritto il datore di lavoro.
7. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma
1.
45. Superamento dei valori limite di esposizione.-- 1. Se
nonostante l'applicazione delle misure di cui all'art. 41, comma
1, l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore
risulta superiore a 90 dBA od il valore della pressione acustica
istantanea non ponderata risulta superiore a 140 dB (200Pa), il
datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza, entro trenta
giorni dall'accertamento del superamento, le misure tecniche ed
organizzative applicate in conformità al comma 1 dell'art. 41,
informando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti.
46. Nuove apparecchiature, nuovi impianti e ristrutturazioni.--
1. La progettazione, la costruzione e la realizzazione di nuovi
impianti, macchine ed apparecchiature, gli ampliamenti e le
modifiche sostanziali di fabbriche ed impianti esistenti
avvengono in conformità all'art. 41, comma 1.
2. I nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad
essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un
lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativo
un'esposizione quotidiana personale al rumore pari o superiore
ad 85 dBA sono corredati da un'adeguata informazione relativa al
rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai
rischi che questa comporta.
3. Il datore di lavoro privilegia, all'atto dell'acquisto di
nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono,
nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello
di rumore.
47. Lavorazioni che comportano variazioni considerevoli
dell'esposizione quotidiana personale. -- 1. Laddove le
caratteristiche intrinseche di un posto di lavoro comportano una
variazione notevole dell'esposizione quotidiana di un lavoratore
al rumore da una giornata lavorativa all'altra, il datore di
lavoro può richiedere, per lavoratori che svolgono particolari
compiti, deroghe all'applicazione del disposto dell'art. 43, a
condizione che adeguati controlli mostrino che la media
settimanale dei valori quotidiani di esposizione del lavoratore
al rumore non supera il valore di 90 dBA.
2. La richiesta di deroga è inoltrata all'organo di vigilanza
corredata da una descrizione della mansione svolta, con una
indicazione dei valori dell'esposizione quotidiana personale che
questa comporta e da una relazione del medico competente,
contenente anche una valutazione degli esami della funzione
uditiva.
3. Qualora l'organo di vigilanza non rilasci prescrizioni
entro trenta giorni dalla ricezione della documentazione di cui
al comma 2, il datore di lavoro può usufruire della deroga di
cui al comma 1, fermo restando la sua responsabilità per quanto
riguarda l'osservanza delle disposizioni di cui al presente
decreto.
48. Deroghe per situazioni lavorative particolari. -- 1. Il
datore di lavoro può richiedere deroghe:
a) all'applicazione dell'art. 43, per situazioni
eccezionali, nelle quali non sia possibile mediante misure
tecniche ovvero organizzative, ivi compresa la riduzione del
tempo di esposizione, ridurre l'esposizione quotidiana personale
di un lavoratore al di sotto di 90 dBA anche con l'uso dei mezzi
individuali di protezione di cui allo stesso art. 43;
b) all'applicazione dell'art. 43, per lavoratori che
svolgono compiti particolari, che comportano un'esposizione
quotidiana personale superiore a 90 dBA se l'applicazione di
detta misura provoca un aggravamento complessivo del rischio per
la salute e la sicurezza dei lavoratori considerati e non è
possibile evitare tale rischio con altri mezzi.
2. Le richieste di deroga sono inviate al Ministero del lavoro
e della previdenza sociale, ovvero al Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato per ciò che attiene alle
attività estrattive, e comprendono:
a) per i casi di cui al comma 1, lettera a):
1) la descrizione dell'attività lavorativa;
2) le misure preventive e protettive previste;
3) i mezzi individuali di protezione dell'udito da
utilizzare;
4) l'esposizione quotidiana personale dei lavoratori
interessati;
5) la certificazione del medico competente, contenente
anche una valutazione degli esami della funzione uditiva dei
lavoratori interessati;
b) per i casi di cui al comma 1, lettera b):
1) la descrizione delle mansioni che comportano la
esposizione anomala, con la specificazione delle cause che
determinano un aggravamento del rischio complessivo in caso di
utilizzazione dei mezzi personali di protezione:
2) le misure previste per ridurre, per quanto possibile,
il rischio complessivo;
3) l'esposizione quotidiana personale dei lavoratori
interessati;
4) la certificazione del medico competente, contenente
anche una valutazione degli esami della funzione uditiva dei
lavoratori interessati.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 1, lettere a)
e b), è condizionata dall'intensificazione del controllo
sanitario da parte del medico competente.
4. Le deroghe sono concesse dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva per la prevenzione degli infortuni e
l'igiene del lavoro di cui all'art. 393 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. Per le
attività estrattive le deroghe sono concesse dal Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto
con i Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza
sociale, sentito il Consiglio superiore delle miniere. Tali
deroghe sono comunicate al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale per la compilazione del prospetto di cui al
comma 6.
5. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni
previste per le deroghe di cui al comma 1, lettere a) e b),
comporta la revoca nella stessa forma di cui al comma 4.
6. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
trasmette ogni due anni alla Commissione delle Comunità europee
il prospetto globale delle deroghe concesse ai sensi del
presente articolo.
49. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori. -- 1. I
lavoratori che svolgono le attività di cui all'art. 41 sono
iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q).
2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal
datore di lavoro che ne cura la tenuta.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL
e alla USL competente per territorio, cui comunica, ogni tre
anni e comunque ogni qualvolta l'ISPESL medesimo ne faccia
richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed
all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro;
c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio
la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni
sopravvenute dall'ultima comunicazione;
d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio,
in caso di cessazione di attività dell'impresa, il registro di
cui al comma 1;
e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio
copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di
lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che
comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 41;
f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico
competente le relative annotazioni individuali contenute nel
registro e nella cartella sanitaria e di rischio, di cui
all'art. 4, comma 1, lettera q).
4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono
riservati.
Capo V - Norme penali
50. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai
dirigenti. -- 1. I datori di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire
dieci milioni a lire cinquanta milioni per l'inosservanza delle
norme di cui agli articoli 5, comma 1, lettera d), 9, 11, commi
da 1 a 6, 13, 16, 17, commi da 1 a 7, 18, commi da 1 a 5, 19,
20, commi 1, 2 e 3, 24, commi da 1 a 8, 25, commi da 1 a 3, 27,
30, commi da 1 a 8, 31, commi da 1 a 8, 32, 33, 34, commi da 1 a
6, 37, 40, commi da 1 a 5, 41, comma 1, 43, commi 1, 2, 3 e 5,
45 e 56. Alle stesse pene soggiacciono i datori di lavoro ed i
dirigenti che non osservano le prescrizioni emanate dall'organo
di vigilanza ai sensi degli articoli 8, comma 1, 16, comma 8,
20, comma 2, 29, comma 3, 34, comma 5, 44, comma 7, 46 e 47,
comma 3;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
lire tre milioni a lire quindici milioni per l'inosservanza
delle norme di cui agli articoli 5, commi 1, lettere b) ed e), 2
e 4, 7, commi 1 e 3, 12, 14, comma 2, 15, 18, comma 6, 21, 26,
28, comma 2, 29, 31, comma 9, 35, commi 1, 2 e 3, 40, comma 6,
41, commi 2 e 3, 42, 43, comma 6, 44 e 49;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire un
milione a lire sei milioni per l'inosservanza delle norme di cui
agli articoli 5, comma 1, lettere c), f) e g), 11, comma 7, 14,
comma 1, 17, comma 8, 20, comma 4, 24, comma 9, 25, comma 4, 28,
comma 1, 30, comma 9, 34, comma 7 e 40, comma 7.
51. Contravvenzioni commesse dai preposti.- 1. I preposti sono
puniti:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire
due milioni a lire diecimilioni per l'inosservanza delle norme
di cui agli articoli 5, commi 1, lettere b) e d), 2 e 4, 9, 11,
commi da 1 a 6, 13, 14, comma 2, 15, 16, 17, commi da 1 a 7, 18,
commi da 1 a 5, 19, 20, commi 1, 2 e 3, 24, commi da 1 a 8, 25,
commi da 1 a 3, 27, 28, comma 2, 29, 30, commi da 1 a 8, 31,
commi da 1 a 8, 32, 33, 34, commi da 1 a 6, 37, 40, commi da 1 a
5, 41, comma 1, 43, commi 1, 2, 3 e 5, 44 e 45;
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per l'inosservanza delle
norme di cui agli articoli 5, comma 1, lettere c), e), f) e g),
11, comma 7, 12, 14, comma 1, 17, comma 8, 18, comma 6, 20,
comma 4, 21, 24, comma 9, 25, comma 4, 26, 28, comma 1, 30,
comma 9, 31, comma 9, 34, comma 7, 35, commi 1, 2 e 3, 40, commi
6 e 7, 41, commi 2 e 3, 42, 43, comma 6 e 49.
52. Contravvenzioni commesse dai lavoratori.-- 1. I lavoratori
sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire
quattrocentomila a lire due milioni per l'inosservanza delle
norme di cui agli articoli 6, comma 1, lettera d), 19, 32, comma
1 e 43, comma 4;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da
lire duecentomila a lire ottocentomila per l'inosservanza delle
norme di cui agli articoli 6, comma 1, lettere a), b), c) ed e),
14, comma 2, lettera b), 28, comma 1, lettera b), e comma 2,
lettere b) e c).
53. Contravvenzioni commesse dal medico competente.-- 1. Il
medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un
milione a lire sei milioni per l'inosservanza delle norme di cui
agli articoli 7, commi 1, 3 e 6, 15, 16, 20, 44 e 48, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire
cinquecentomila a lire tre milioni per l'inosservanza delle
norme di cui agli articoli 7, comma 5, 12, 21, comma 1, lettera
f), 29, comma 4 e 49, comma 3, lettera f).
54. Contravvenzioni commesse dai produttori e dai
commercianti.-- 1. Chiunque produce, pone in commercio, noleggia,
cede in locazione o comunque installa impianti, macchine ed
apparecchiature senza osservare le disposizioni di cui all'art.
46 è punito con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da
lire dieci milioni a lire quarantamilioni.
Capo VI - Disposizioni transitorie e finali
55. Esercizio dell'attività di medico competente. -- 1. I
laureati in medicina e chirurgia che, pur non possedendo i
requisiti di cui all'art. 3, comma 1, lettera c), alla data di
entrata in vigore del presente decreto abbiano svolto l'attività
di medico del lavoro per almeno quattro anni, sono autorizzati
ad esercitare la funzione di medico competente.
2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 è subordinato
alla presentazione, all'assessorato regionale alla sanità
territorialmente competente, di apposita domanda corredata dalla
documentazione comprovante lo svolgimento dell'attività di
medico del lavoro per almeno quattro anni.
3. La domanda è presentata entro centottanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto. L'assessorato alla
sanità provvede entro novanta giorni dalla data di ricezione
della domanda stessa.
56. Disposizioni transitorie. -- 1. Sino al decorso del termine
di cui agli articoli 11, comma 6, 24, comma 1, e 40, comma 1, i
datori di lavoro e i dirigenti sono tenuti ad adottare le misure
necessarie ad evitare un incremento anche temporaneo
dell'esposizione dei lavoratori al piombo, alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, ed
al rumore.
57. Termine per l'adozione dei decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri.-- 1. In prima applicazione i decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri di cui agli articoli 4,
comma 1, lettera d), 30, comma 4, 34, comma 8, e 36, comma 3,
sono adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
58. Altri agenti nocivi.-- 1. L'esposizione dei lavoratori alle
radiazioni ionizzanti resta disciplinata dalle norme speciali
vigenti.
2. Per quanto non espressamente o diversamente disciplinato,
per gli agenti di cui ai capi II, III o IV, si applicano le
norme vigenti ed in particolare quelle contenute nel decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303.
3. Le disposizioni per la tutela della salute e per la
sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti
dall'esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici non
disciplinati dal presente decreto sono adottate:
a) in conformità alle misure di cui all'art. 4 tenendo conto
della natura dell'agente, delle conoscenze tecnico-scientifiche
disponibili, dell'intensità e durata dell'esposizione e della
gravità del rischio e prevedendo la fissazione di divieti
parziali o totali quando il ricorso agli altri mezzi disponibili
non consenta una protezione sufficiente;
b) tenendo conto, nella fissazione del valore limite di cui
all'art. 3, comma 1, lettera b), del valore limite indicativo
fissato dalla CEE;
c) stabilendo la conformità delle modalità e dei metodi di
misurazione e campionatura dell'agente a quelli previsti
dall'allegato VIII e prevedendone la modifica nei termini di cui
all'art. 4, comma 1, lettera d).
4. L'adozione delle disposizioni di cui al comma 3 avviene
previa consultazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e
dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale.
59. Abrogazioni.-- 1. Sono abrogate tutte le norme
incompatibili con quelle contenute nel presente decreto. In
particolare:
a) limitatamente all'esposizione al piombo, non si applicano
gli articoli 4, 5, 18, terzo comma, 19 e 20 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303. E'
soppressa, inoltre, la voce piombo nella tabella allegata al
suddetto decreto;
b) limitatamente all'esposizione alla polvere proveniente
dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, non si
applicano gli articoli 4, 5, 18, terzo comma, 19 e 21, del
decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303.
Esse abrogano, inoltre, il decreto del 16 ottobre 1986,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 29 novembre 1986:
Integrazione delle norme del decreto del Presidente della
Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, in materia di controllo
dell'aria ambiente nelle attività estrattive dell'amianto ;
c) limitatamente all'esposizione al rumore, non si applicano
gli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303; limitatamente al danno uditivo non
si applica l'art. 24 dello stesso decreto; la voce rumori nella
tabella allegata al suddetto decreto è soppressa.